ANSIA NIPPONICA


Editoriale del 8 luglio 2018

L’immagine dello spogliatoio della Rostov Arena al termine della partita tra Belgio e Giappone ha fatto il giro del mondo. Così quella dei tifosi, anche loro impegnati a ripulire gli spalti da cartacce e bicchieri vuoti. Il gesto è parso ancor più degno di nota considerata la sconfitta. Nel nitore surreale del pavimento lucido e delle panche sgombre che ha commosso sentimentali insospettabili, inorgoglito gli intransigenti dell’ordine e acceso il fuoco sacro degli ossessivo compulsivi sono racchiuse tradizione e storia di una nazione che della dignità ha fatto un simbolo identitario. Si chiama hansei l’autodisciplina insegnata a scuola ai bambini giapponesi, che per imparare i valori del duro lavoro ogni giorno puliscono la propria scuola, bagni inclusi (persino il preside si dà da fare con detergenti e scopa) e servono il pranzo ai compagni (tutti mangiano lo stesso piatto, salutare e fresco; al bando il cibo spazzatura e i gusti personali). In occidente questa disciplina non può che sembrare esotica. Dopo aver aggredito il vicino alla riunione di condominio, un attimo prima di minacciare con gesti inequivocabili l’automobilista che indugia al semaforo verde, dopo aver fulminato con gli occhi i bambini che giocano a pallone al mare, tutti in ginocchio davanti ai giapponesi e al loro inarrivabile senso della misura. Eppure a me queste divise scolastiche tutte uguali, questo fatto che nessuno perda un anno anche se ottiene brutti voti (perché la costituzione sancisce il diritto allo studio e l’uguaglianza), questa manìa di non disturbare e ringraziare e inchinarsi e non guardare l’interlocutore negli occhi per non essere invadenti, a me questa educazione fa venire l’ansia. E sono contenta di sapere che in Giappone sono preoccupati per il fatto che sempre più spesso i ragazzini in classe osano chiedere di andare in bagno mentre l’insegnante spiega. Che l’unica dittatura sia quella della vescica. Altro che hansei. Non resta che sperare che uno di quei giocatori che non simulano mai, non perdono tempo neanche se stanno vincendo, non spintonano, non dicono le parolacce in campo, pettinano l’erba mentre corrono, sorridono agli uccelli che sorvolano il rettangolo verde, rispettano il pubblico avversario e tutto il resto – non resta che sperare che uno di loro, segretamente, con grande equilibrio zen e cuore calmo, abbia attaccato una gomma da masticare sotto panca linda e abbia goduto di questa rivoluzione individuale e al diavolo il collettivismo, l’ empatia e tutto il resto.

Eva Garau (Precaria di Aristan)

“Si chiama hansei l’autodisciplina insegnata a scuola ai bambini giapponesi, che per imparare i valori del duro lavoro ogni giorno puliscono la propria scuola, bagni inclusi (persino il preside si dà da fare con detergenti e scopa) e servono il pranzo ai compagni (tutti mangiano lo stesso piatto, salutare e fresco; al bando il cibo spazzatura e i gusti personali)” Da ANSIA NIPPONICA editoriale di Eva Garau (Precaria di Aristan)

 

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