“ATTENTO QUANDO ATTRAVERSI, GUARDA A DESTRA E SINISTRA”


Editoriale del 7 maggio 2021

Alle elementari ho avuto il primo incontro con la storia, quella che si studia e si scrive con la maiuscola. Ero abituato alle storie, educato a non farle, non avevo ancora la mania di raccontarle, mi piaceva sentirle e anche risentirle, sapevo cosa erano sas paristorias, ma mi sembravano un corredo mio personale, come gli aneddoti, quelli delle mie famiglie, delle mie due razze, di mio padre e mia madre, niente di razzistico, in Sardegna si dice “ogade a sa razza” indovinare le ascendenze, l’hanno fatto anche per me a Sindia, mio zio monsignore era capace di farlo quando tornava in paese dal Venezuela. “Ma come hai fatto zio a capire che era un Zedda?” – “Mi ha fatto indovinare lui”. Tecnica da chiromante, che incassa un sacco di soldi, mio zio otteneva solo ammirazione.
Una storia (maiuscolo) che chiamerei grande inganno, anche se vera. Già facevo il tifo per il Cagliari, ci aggiunsi quello per i romani, leggevo delle loro conquiste, dei derby con Cartagine, ancora non sapevo di fenici punici cartaginesi, che non ho mai imparato a distinguere, specie visti di spalle. I miei grandi uomini non erano Pasteur o Einstein, Gramsci era troppo basso perché lo esibissi e lo pretendessi. Gli eroi erano Muzio Scevola, Orazio Coclite, Attilio Regolo, al posto della sveglia avrei voluto un’oca del Campidoglio. In un tema delle medie feci il mio debutto da deus ex macchina: salvai Ettore. La biga di Achille inciampò su una pietra, lui cadde e sbattè, no, non la testa ma il tallone, che pare faccia più male. Tutto il favore del pubblico, biasimo della critica.
Le imprese degli eroi mi sembravano a me negate, per un colpo di culo invece avrei potuto anche io fare una scoperta alla Newton. Solo alle medie cominciai a mettere in dubbio i miei eroi, così come posi in dubbio i santi di tutti: come può un uomo solo su un ponte opporsi a uno stuolo di nemici? Sarebbe bastato un cartello di divieto di transito, ma a Roma un divieto fa venire voglia di trasgredire. Per che cosa poi sacrificare la vita? La risposta la cercai e ancora ne chiedo conto per gli intrepidi sardi della gloriosa brigata Sassari. Per i santi chiudevo un occhio, ma un’accusa gliela muovevo comunque. Se erano così bravi a far cessare una peste perché aspettare 30 giorni o più, che era il minimo, se riuscivano a far smettere di piovere perché farlo solo al settimo giorno? Per motivi spettacolari? Questi dubbi o non credulità mi sono costati una immediata espulsione dal catechismo e il divieto di utilizzare i biliardini della parrocchia.
Il colpo di grazia me lo diede Cicerone, quello di pro domo sua quando lo sentii usare la sua oratoria per irridere in un buon latino che per somma iniuria ci avrebbero fatto studiare a scuola, i sardi mastrucati. Non potevo però sfoggiare il mio orgoglio per Ospitone re della tribù di Ollolai e dei sardi, sarebbe stato come fare tifo per il Quartu contro uno che tifa Juve. Una volta al liceo un professore mi chiese se preferissi Londra o Parigi. Risposi Ovodda, qualcuno rise subito, il prof fece finta di non capire, altri mi chiesero perché, alla fine fummo tutti d’accordo. Ovodda: mangia, bevi e … rima.*

Nino Nonnis (La Cavana [la roncola] di Aristan)

*La rima in questione, comprensibilissima per i sardi, non lo è per tutti gli altri… tuttavia preferiamo non tradurre. ((N.d.r.)

“Gli eroi erano Muzio Scevola, Orazio Coclite, Attilio Regolo, al posto della sveglia avrei voluto un’oca del Campidoglio.”
Da “ATTENTO QUANDO ATTRAVERSI, GUARDA A DESTRA E SINISTRA”. – Editoriale di Nino Nonnis (La Cavana [la roncola] di Aristan)

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