Ho sempre avuto alcune perplessità nello studio di Nimbārka perché costui non scriveva in parsi ma in telugu,m una lingua dravidica poliagglutinante, che consente di aggiungere suffissi alle parole per specializzarne il significato.
Un’idea esclusiva che ancora non sono riuscito a concepire ma, soprattutto, che comprendo essere difficilissima da tradurre in una lingua non dico come il parsi ma neppure in una lingua semplicemente agglutinante come l’ungrofinnico o il basco, che invece mi sono chiare.
È infatti agglutinante una lingua nella quale le parole sono caratterizzate da una sola radice che poi si definisce mediante l’aggiunta di suffissi. Ma un termine che abbia radici plurime alle quali aggiungere plurimi suffissi anche insieme diventa ben più complicata da digerire.
Ecco perché la mia conoscenza di Nimbārka è cauta. Perché questo straordinario commentatore medievale del Brahmasūtra è complesso nella definizione di ciò che è semplice proprio per un motivo squisitamente linguistico-concettuale.
Così preferisco leggere i 555 aforismi di Bādarāyaṇa senza alcuna interpretazione intermedia, essendo il parsi lingua fondamentalmente simile alla nostra, almeno da un punto di vista strutturale. Di Badarayana babbo non amava molto il Brahmasutra però sono riuscito a leggergli qualche brano del Mahabarata anche se si fermò al seguente concetto:
“Per quanto riguarda il dharma, l’artha, il kāma e il mokṣa, o toro fra i Bhārata, ciò che qui c’è, lo si può trovare anche altrove; ma ciò che qui non si trova, non esiste in nessun luogo”
L’argomento non è semplice, in effetti, per babbo che commerciava pelli e quagli di capretto, però comprese l’idea di inclusione selettiva del significante.
L’argomento ha un fascino quasi mefistofelico tanto che babbo se ne rese conto dicendomi di studiare ingegneria nucleare, della quale nulla sapeva ma che a naso gli pareva più semplice.
In effetti è vero.
La scelta gli venne grazie a quella ghiandolina non identificata che sta in zona ipotalamo e si chiama comunemente “coscienza”.
Grande babbo, non dava mai consigli preferendo gli ordini, essendo l’ordine assoluto e il consiglio relativo.
Antonangelo Liori (Pastore di Aristan)
“Un’idea esclusiva che ancora non sono riuscito a concepire ma, soprattutto, che comprendo essere difficilissima da tradurre in una lingua non dico come il parsi ma neppure in una lingua semplicemente agglutinante come l’ungrofinnico o il basco, che invece mi sono chiare.” Da BABBO, NIMBARKA E LA LINGUA TELUGU – Editoriale di Antonangelo Liori (Pastore di Aristan)