Armati di buona volontà e santa pazienza, abbiamo visto “I bambini sanno” di Walter Veltroni, duttili e disponibili al punto da cercare di farcelo piacere. Non c’è stato verso: due ore di Veltroni che intervista 39 bambini ci hanno messo a dura prova. Le domande non brillano per originalità (si parte con “Hai la fidanzata?” e si chiude con “Cosa vorresti fare da grande?”), i bambini quasi intercambiabili rispondono seriosi, ingessati e ragionevoli come l’intervistatore, la musica retorica di Danilo Rea non aiuta. Mai un guizzo, una risata, un briciolo di follia. Nessuna traccia di cinema, neppure di buona televisione. Solo bimbi veltronizzati che vogliono la pace nel mondo, accettano i diversi e sono incerti sull’esistenza di Dio, seduti in inquadrature fisse. Buon per noi se un amico produttore ci ha rinfrancato con un progetto geniale, un antidoto alla zuccherosa melensaggine del prototipo: girare “the other side” di questo ovvio pseudo-film sulla falsariga delle parodie di Franchi e Ingrassia, con Matteo Salvini che intervista i bimbi rom. Titolo: “I bambini sanno rubare”. Al casting il compito di selezionare una quarantina di minorenni rom, scelti tra i più agguerriti, che il costumista dovrebbe dotare di felpine alla Salvini, ciascuno con su scritto il paese di provenienza. Il Matteo della Lega, in posizione predominante, indossando una felpa con la scritta “Padania”, dovrebbe incombere nell’inquadratura dall’alto verso il basso sui piccoletti birbanti, incalzandoli in tono burbero con domande tipo “E’ vero che vi insegnano a rubare?” oppure “Hai mai visitato una galera?”. Divertimento e freschezza, del tutto assenti nell’epos veltroniano, sarebbero garantiti dalla libertà con cui gli intervistati potrebbero rispondere a tono al loro inquisitore, anche mandandolo a fare in culo (cosa che purtroppo nessuno ha fatto nell’altro film). Ne emergerebbe una vivace e fertile contrapposizione che mette in scena il conflitto, a cui Veltroni è allergico, unica molla di una narrazione cinematografica viva. Che i bambini siano bambini: chiassosi, indisciplinati e fantasiosi, polimorfi perversi secondo la lezione di Freud. E che Salvini sia Salvini: rozzo ed efficace nel confronto con i suoi vispi interlocutori. Allo spettatore decidere se parteggiare con la spontaneità giovanile di quei birbanti o con la voglia di ordine del leghista brontolone. Gran colpo d’ala finale: la macchina da presa fila via veloce inquadrando confusamente il pavimento, in modo da far capire che un bambino se l’è fregata e la sta portando via di corsa, mentre, nel buio dello schermo, si sente la voce alterata di Salvini che grida: “Il mio portafoglio! Ridatemi il portafoglio!”. Fine.
Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan
COGLI L’ATTIMO
da Blue Gipsy di Emir Kusturica in All the Invisible Children (2005)