“Il Signore guardò con favore Abele e la sua offerta, ma non guardò con favore Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato, e il suo viso era abbattuto.”
L’invidia è dovuta alla perdita del dominio sul gruppo, dominio che pur si è tentato di ottenere. Chi non combatte e quindi non è sconfitto, non prova nessuna invidia. L’invidia è il primo risultato della sconfitta dopo una battaglia che spesso gli invidiosi combattono con mezzi e armi scorrette. Sono in fondo solo dei superbi falliti. Covano fantasie grandiose di potere ma attratti da una visione semplicistica del mondo vanno in crisi se messi davvero alla prova.
Apparentemente simile ma in realtà del tutto diversa dalla gelosia che invece è paura delirante della separazione, l’invidia è caratterizzata da sentimenti di inferiorità e rancore. E’ un tratto universale, che trova radici biologiche profonde e indipendenti dalla morale corrente. Il problema degli invidiosi non è tanto quello di convivere con il sentimento in sé quanto la conseguente caduta sociale che esso comporta. Sempre sospettosi, sempre all’erta per potenziali pericoli che possano mettere a repentaglio il loro misero territorio, non si lasciano mai andare veramente, hanno pochissima fiducia negli altri con conseguenze nei rapporti sociali e affettivi. Hanno bisogno di esercitare un forte controllo su quanti li circondano e sono sempre molto attenti a far rilevare il rispetto delle gerarchie e, anche da questo, si riconoscono facilmente.
Non tratteli male, non se lo meritano, anche gli invidiosi sono stati cruciali alla sopravvivenza e all’evoluzione della nostra specie, da attenti controllori del piccolo spazio conquistato, sospettosi di ogni rumore estraneo, di una traccia mai vista prima hanno svolto comunque la loro parte seppure adesso se ne farebbe volentieri a meno.
Luca Pani
(Psiconauta ad Aristan)
COGLI L’ATTIMO
dal XIII canto del Purgatorio della Divina Commedia di Dante gli invidiosi. Legge Vittorio Sermonti