CINEMA


Editoriale del 1 luglio 2014

Sarà vero o è una leggenda metropolitana che i primi spettatori del cinema, quella sera del 28 dicembre 1895 nella sala del Boulevard des Capucines a Parigi, si spaventarono e fuggirono di fronte alle immagini del treno proiettate sullo schermo dai fratelli Lumière? Il vero cinefilo, ossessivo e maniacale, si riconosce da come si interroga costantemente sul dna del cinema e torna di continuo a informarsi sulle origini della sua invenzione, imparentata, più che con l’arte, con il circo e la magia illusionista. A che cosa servono le immagini in movimento? Quali furono le reazioni di illustri spettatori dell’epoca alla nascita di questa diavoleria che qualcuno già chiamava arte, ma che qualcun altro trattò alla stregua di una moda effimera? Georges Méliès, il geniale regista del “Viaggio sulla luna”(1902), il primo film di fantascienza, dichiarò che compito del cinema è incantare e incuriosire il pubblico. Antonin Artaud era convinto che il linguaggio delle immagini serva “soprattutto per esprimere le cose del pensiero, l’interiorità della coscienza” (e profetizza così il grande cinema d’autore di Fellini e Bergman). Leo Longanesi anticipò il neorealismo immaginando che il film “cercherà sempre più una maggiore aderenza al vero, portando sullo schermo i segreti che solo una macchina sa rapire alla realtà”. Massimo Bontempelli stigmatizzò l’avvento del sonoro (con il quale il film avrebbe perduto la sua specificità: il silenzio) e Mino Maccari gioì perché, pur disprezzandone la funzione di intrattenimento, il cinema avrebbe dato “una mazzata fra capo e collo” alla letteratura d’evasione. Ma la chiave di lettura più illuminante e memorabile è quella di Giovanni Papini, che, nel buio della sala, si chiede se “non potrebbe essere l’universo un grandioso spettacolo cinematografico…per il passatempo di una folla di potenti sconosciuti…finché la nostra parte finisce e scendiamo ad uno ad uno nella silenziosa oscurità della morte.” Titolo: “Il mondo”; interpreti: tutti noi; produzione e regia: Dio.

Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan

COGLI L’ATTIMO

 

treno arriva a La Ciotat (1895) dei Fratelli Lumiere

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