CORTO CIRCUITO ANSIOGENO


Editoriale del 1 agosto 2017

Che caldo che fa! Ma l’avete sentito che caldo che fa? Io non ce la faccio più. Stanotte non riuscivo a prendere sonno. Poi mi sarò svegliato cento volte. Io un caldo così non l’ho mai provato. Avete visto le temperature in televisione? A Volgograd 34 gradi, vi rendete conto che caldo fa a Volgograd? A Siviglia 40 gradi, come faremo a resistere col caldo a 40 gradi? Mi ricordo che l’anno scorso giugno era più fresco, però il luglio fu africano. E due anni fa piovve tutto agosto. Nel 2005 l’umidità fu tremenda, meglio però che nel 2001, quando faceva sempre vento… Il caldo sarebbe sopportabilissimo, è ai discorsi di questo genere che si rischia di non sopravvivere. Più fastidiosi delle zanzare, i barometri umani appestano l’estate. Impossibile evitarli: basta andare all’edicola, entrare in un bar o semplicemente scendere le scale di casa per imbattersi in uno di questi agitatissimi terroristi della temperatura. Il primo che ricordo era un tizio che, quando ero bambino, diceva che secondo lui era tutta colpa della “bomba autonoma” che, dopo aver colpito Hiroshima, aveva alterato il clima per sempre; in più, aggiungeva, avevano tirato qualche “simile” (in italiano: missile) per completare il disastro. Il geniale anticipatore di Abatantuono e Frassica è rimasto insuperato, lo hanno seguito legioni di logorroici che hanno ereditato dal maestro solo l’allarmismo e non la spericolata manipolazione del linguaggio. Il robusto inquadramento storicista, che faceva derivare il caldo dalla seconda guerra mondiale, è stato sostituito dalle schermate postmoderne del meteo, consultato ossessivamente sul televideo o sul computer. All’indagine deduttiva sulle cause storiche del caldo estivo, così balorda e sgangherata da risultare strepitosa, è subentrato l’eterno presente della panoramica mondiale dei dati meteorologici, snocciolati in presa diretta. Si è ristretta la coscienza temporale, ma si è dilatata enormemente quella spaziale. Per accrescere l’angoscia in un universo delle informazioni che non è più a misura d’uomo. Mezzo secolo fa gli unici interessati alle previsioni del tempo erano coloro che dovevano partire per un lungo viaggio e i pescatori. Oggi la vecchietta che esce solo per fare la spesa sotto casa si sgomenta per l’afa torrida di Siviglia o Volgograd, che neanche sa dove sia. E ascolta interessatissima, sospirando, il telegiornale che inserisce nei titoli, fra le notizie principali, la notizia meno notizia di tutte: che d’estate fa caldo. E’ un corto circuito ansiogeno, un girotondo citrullissimo buono per scaricare frustrazioni e scontentezze quotidiane, quello di dare la colpa al caldo per il nervoso che abbiamo nel cervello e la rabbia che abbiamo in corpo. Poi in autunno sarà il difficile rientro dalle ferie ad attentare alla nostra felicità, d’inverno sarà colpa del freddo e la primavera minaccerà la serenità con le allergie. Basta che la colpa non sia nostra, basta non confessare di avere il buonumore intasato a vita.
 
Fabio Canessa
(Preside liceo olistico Quijote)

da Canzonissima (Rai 1 1968) le previsioni natalizie del colonnello Bernacca

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