NON È UN PAESE PER VECCHI


Editoriale del 22 giugno 2105

È ridicolo che gli americani s’interroghino sulla ragione che ciclicamente spinge gli sbarbatelli a penetrare in scuole e chiese e trucidare grappoli di innocenti. Sono semplicemente, tragicamente vuoti. Uomini di paglia riempiti dal vento. Incapaci di dare un briciolo di significato al tempio sacro del corpo e dell’intelligenza. Dell’altro da sè. Sono gli ingranaggi sbilenchi di una civiltà fondata sulla religione del narcisismo, sulla pubblicità e il piacere. Piccole anime oscure confinate nella periferia, mentre al centro la politica decide per l’invasione e il bombardamento degli altri popoli, esporta il verbo della democrazia ma costruisce muri e gerarchie, lacera le moltitudini con il coltello della finanza. Ma sbigottiscono gli americani, rimuovono la natura violenta di una nazione fondata sul genocidio. Chiedete a Toro Seduto. Gli europei seguono come barboncini fedeli, pisciano dove piscia il maschio alfa, abbaiano dove abbaia il maschio alfa, rosicchiano senza dignità gli ossi sputati dal maschio alfa. E i giornali continentali scrivono, scrivono, scrivono. Ciarlano come lavandaie sulle corna del padrone. Il prezzo da pagare per le sconfitte dei crucchi. Il bar della storia. Dylann Storm Roof, il minchioncello di Charleston, ha un fratello, senza saperlo. Si chiama Jihadi John. Ha l’accento inglese e mozza teste americane nel deserto della Siria.

Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)

COGLI L’ATTIMO

 

da L’ultimo pellerossa (2007) di Yves Simoneau con August Schellenberg

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