La moda di fotografare il cibo nei ristoranti, amplificata dalla smisurata voglia di condividere nei social network qualsiasi esperienza, anche la più stupida, non conosce limiti. Mi è capitato persino di mangiare a fianco a una coppia di imbecilli che, seduti uno di fronte all’altro, non si sono mai rivolti la parola: hanno passato il tempo a fotografare con i rispettivi smartphone il cadavere di un tacchino addobbato a festa e divertendosi un mondo, a postarne le foto man mano che lo spolpavano. Un nuovo modo di condividere il cibo.
Famosi locali (ad esempio Momofuku a New York) vietano tale pratica, stigmatizzandone la cafoneria intrinseca. Altri ristoranti invece la favoriscono e i cuochi si sbizzarriscono in composizioni attraenti solo dal punto di vista estetico. Natura morta, per i fotografi di professione. Ora però secondo voi cosa avrei dovuto fare quando Alicia Brown mi ha chiesto se poteva inquadrare il mio faccione barbuto accanto a ciò che restava di un’aragosta? Niente purtroppo. Perché voi non conoscete Alicia Brown.
Tony Cinquetti
(Etica gastronomica)
COGLI L’ATTIMO
spettacolo teatrale Il meglio d’Italia di e con Enrico Brignano