Lo stress è un’emozione positiva. In modica quantità è persino piacevole, come l’adrenalina delle montagne russe o i brividi di un film horror. Però lo stress “buono” deve durare poco. Il biologo Robert Sapolsky sostiene che lo stress in natura è “una questione di tre minuti di grida di terrore mentre corri velocissimo nella savana, dopo di che o lo stress è finito, oppure sei finito tu”. Poche storie, lo stress nasce perché o devi mangiare qualcuno o qualcuno deve mangiare te e il tuo corpo, come una macchina da guerra, entra in codice rosso: il respiro e la frequenza cardiaca diventano più frequenti per pompare più ossigeno, i muscoli richiamano più zucchero possibile, per essere pronti allo scatto. In questi momenti, tutte le altre funzioni del corpo possono aspettare; mentre corri, con alle spalle il fiato di una leonessa, non è decisamente il momento di ovulare o di digerire. Dopo questo scombussolamento fisiologico, nel corpo della gazzella che ha seminato il predatore, torna tutto a funzionare come prima. Per noi umani non è così semplice. Per noi lo stress non è più il leone che ci tallona, ma è il capoufficio, è l’andamento della borsa o il buco dell’ozono. Così dai minuti di terrore, siamo arrivati ai giorni, in certi casi anche ai mesi, di sconvolgimento fisiologico. Ecco perché noi abbiamo l’ulcera e le gazzelle no.
Monica Mazzotto
(Biofila di Aristan)
COGLI L’ATTIMO
savana cicciona in un film d’animazione