IL BURINO RAMPANTE


Editoriale del 12 dicembre 2017

Nel 1957, esattamente 60 anni fa, fu pubblicato “Il barone rampante” di Italo Calvino. A celebrarne l’anniversario, più di convegni e conferenze in cui sfilano seri accademici a esporre il loro compitino, ci ha pensato un fatto di cronaca accaduto nelle Filippine. Dove un uomo d 47 anni, salito sulla cima di un albero di cocco alto 20 metri nel 2014, ne è sceso solo adesso. L’episodio torna utile per scandagliare il rapporto tra letteratura e verità. L’eroe del romanzo si chiama Cosimo Piovasco di Rondò, è nobile in quanto figlio di un barone e abita in un paesino della Liguria, terra natale di Calvino. Il filippino della realtà si chiama Gilberto Sanchez, è un povero sempliciotto e abita a La Ruz. Cosimo sale sull’albero a 12 anni, nel 1767 (quindi doppio anniversario), dopo una lite con il padre e ci rimarrà per sempre, fino al 1820, quando, sessantacinquenne, scomparirà aggrappato a una mongolfiera. Gilberto aveva 44 anni quando, nel 2014, è salito sull’albero dopo una lite con un tizio che l’aveva colpito in testa con il calcio di una pistola. Se i due sono sopravvissuti per aria è merito delle loro madri premurose: in questo l’amore materno della generalessa Corradina per il figlio Cosimo ha trovato un pendant perfetto in quello di Winifreda Sanchez, che ha accudito il suo Gilberto portandogli ogni giorno cibo e bevande, vestiti e sigarette, tramite una corda che il figlio tirava su. Ma la storia di Cosimo è ambientata nel Settecento, mentre il nostro è il secolo di Facebook e della rete: così la notizia dell’uomo che vive sull’albero è diventata virale sui social network e ha costretto la polizia a intervenire, contro la volontà di Gilberto, tagliando la palma con una motosega e costringendolo a toccare terra. Dunque Cosimo è rimasto lassù 53 anni e Gilberto solo 3. Ma sono bastati a distruggerlo, a riprova dello scarto che separa la fiction dal mondo reale: il suo corpo, massacrato dalle vesciche e dai morsi degli insetti, presenta la colonna vertebrale deformata e segni gravi di atrofia muscolare. Niente rispetto a come è ridotta la sua anima, devastata da una psicosi ossessiva che gli fa temere tutto e tutti, persa nel delirio mentale di essere ucciso da un momento all’altro. Insomma, la realtà si rivela più cruda e meno fiabesca della letteratura. Il sogno di ogni giovane ribelle di staccarsi da terra per lasciar cuocere gli adulti nel loro brodo e vivere un’esistenza più selvaggia e più pulita da un ramo all’altro si sublima nelle pagine di Calvino e si infrange contro gli insetti e la natura umana nell’esperienza vera. Rimane intatta la simpatia che ci ispirano Cosimo e Gilberto, il barone e il burino rampanti, e la loro rivolta contro i padri e i bulli che li tormentano. Così coerenti nel mandare in culo tutti i grilli parlanti che ci raccomandano, che palle!, di stare coi piedi per terra.
Fabio Canessa
(Preside del Liceo Olistico Quijote)

Rimane intatta la simpatia che ci ispirano Cosimo e Gilberto, il barone e il burino rampanti, e la loro rivolta contro i padri e i bulli che li tormentano. Così coerenti nel mandare in culo tutti i grilli parlanti che ci raccomandano, che palle!, di stare coi piedi per terra. (da IL BURINO RAMPANTE, editoriale di Fabio Canessa)
Da Amarcord (1973) diretto da Federico Fellini, con Ciccio Ingrassia

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