Ogni volta che il jackpot di una lotteria raggiunge cifre spropositate inizia la solita liturgia: si discute su come potrebbero essere investiti tanti soldi, ci viene ricordato quanto sarà infelice e sfigato chi li vincerà (il solito elenco di pazzi, suicidi o morti di malattia lunga e dolorosa) e infine si fanno illazioni sulle dimensioni del sedere dell’ignoto vincitore o delle sue mutande. Nelle settimane scorse (il montepremi del SuperEnalotto aveva superato i 200 milioni di euro) tutti si lanciavano in calcoli probabilistici o dibattevano se a governare la nostra esistenza fosse il Caso o il Signore. La sera del 16 agosto, durante una cena su una terrazza con vista su mare e cielo in una località della costa occidentale della Sardegna, qualcuno dei commensali ricordava che la probabilità di vincere al SuperEnalotto è 1 su 622.614.630 (è scritto sulla schedina) e la confrontava con quella di essere colpiti da un meteorite, stimata su Google in 1 su 1.500.000. Eventi estremamente improbabili. Non aveva ancora finito di dirlo che il cielo si è illuminato a giorno come se stesse per arrivare l’Apocalisse e una scia luminosa ha solcato lo spazio di fronte a noi a una velocità pazzesca. Era un meteorite che, si è capito dopo, quasi ci cadeva sulla testa (viaggiava a 53.000 km all’ora, pesava 4 tonnellate e si è inabissato a soli 150 km da noi). Ripresici dallo shock, abbiamo convenuto che era meglio lasciar fare al Caso o al Signore, e continuare a mangiare i tagliolini allo scoglio parlando d’altro. C’è stato chi, più tardi, si è acceso una sigaretta.
Marco Schintu
(Ufficio pesi e misure di Aristan)
Ogni volta che il jackpot di una lotteria raggiunge cifre spropositate inizia la solita liturgia: si discute su come potrebbero essere investiti tanti soldi, ci viene ricordato quanto sarà infelice e sfigato chi li vincerà (da IL CALCOLO DELLE PROBABILITÀ A FERRAGOSTO Editoriale di Marco Schintu)