IL PECCATO E LA VERGOGNA


Editoriale del 21 gennaio 2014

“Devi lasciare in pace Carmen!”. E poi, verga una gran botta con il crick all’auto! Non è la scena di un thriller o l’avvertimento violento in un fatto di cronaca, ma quanto è successo a Gabriel Garko, colpevole di interpretare il ruolo di un cattivone che tormenta l’eroina in una fiction di successo, “Il peccato e la vergogna”, che io non ho mai visto. Il farabutto Nito perseguita la bella Carmen (Manuela Arcuri) e Garko che lo interpreta è perseguitato nella realtà dalla rappresaglia di un pubblico emotivo e sempliciotto. E non è stato l’unico episodio: Garko ha denunciato sabotaggi all’impianto elettrico della sua auto, varie lettere anonime di minaccia e numerose aggressioni. Tanto da indurlo a cambiare ogni giorno numero di cellulare, non uscire di sera e non frequentare locali pubblici. C’è materiale a sufficienza per una tesi di laurea sul rapporto tra verità e finzione, se nel 2014 il pubblico non sa, o non vuole, ancora distinguere tra l’attore e il ruolo che interpreta. Se ne potrebbe dedurre che la fiction, come si dice oggi, funziona e che Garko recita la parte con efficacia. Oppure che hanno ragione quanti sostengono che la tv rimbambisce chi la guarda. Addirittura si potrebbe finire rivalutando Dante, che pensava che l’arte influenzasse, eccome, la vita, a differenza di Boccaccio, convinto paladino dell’autonomia tra le due sfere. Ricordo però che quando, anni fa, allestimmo con Vittorio Sgarbi la mostra torinese sul Male, scoprii che nei dipinti del Trecento e del Quattrocento l’immagine del diavolo risulta graffiata dalle unghie del pubblico di allora, che se la prendeva con l’effige demoniaca, fregandosene di sfregiare capolavori della pittura. Perfino il celebre ritratto dell’ignoto marinaio di Antonello da Messina, che sfodera un sorrisetto antepatico (con la e, come diceva la mia nonna), risultava ripetutamente graffiato da chiodi. Oggi anziché i quadri, preferiamo guardare la televisione. E ai graffi delle unghie e dei chiodi è subentrata la battuta di caccia all’attore che impersona la malvagità. La morale è che bischeri siamo sempre stati: ora siamo però anche un po’ avviliti, per dover misurare i passi da gambero che ha fatto il nostro immaginario, passando da Giotto a Canale 5.

Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan

COGLI L’ATTIMO

 

Non è un film è un brano degli Articolo 31, estratto come terzo singolo dall’album Domani smetto (2002)

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