IL RICONOSCIMENTO FACCIALE


Editoriale del 5 dicembre 2019

Talvolta ho difficoltà a riconoscere persino me stesso nelle fotografie, figuriamoci vecchi compagni di scuola, cognati o amici della sposa. Come testimone oculare non sarei in grado di puntare il dito contro nessuno, a meno che non abbia le orecchie al posto del naso. Dare nomi ai volti o elaborare teorie del complotto presuppone capacità di riconoscimento ed è consolante sapere che poche persone ne sono straordinariamente dotate. Il progresso però sopperisce alle carenze umane. Da qualche giorno il governo cinese obbliga chiunque registri una SIM card o apra una connessione Internet a sottoporsi alla scansione del volto. I cinesi sono incredibilmente avanti nell’uso del riconoscimento facciale, utilizzano oltre duecento milioni di telecamere per la sorveglianza del territorio e la polizia riesce a identificare con piccolissimi margini di errore una persona tra altre centomila in uno stadio, o chiunque si muova tra la folla su un marciapiede o in una metropolitana. Ma anche noi stiamo per essere tutti schedati: molti aeroporti, posti di frontiera o banche già utilizzano il riconoscimento facciale; nel nostro futuro prossimo ci sarà probabilmente, come in Cina, un sistema di controllo della popolazione da far paura. Anche io ne possiedo uno: non passa giorno senza che qualche perfetto sconosciuto non mi saluti calorosamente, io rispondo sempre altrettanto calorosamente.

 

Marco Schintu

(Ufficio pesi e misure di Aristan)

 

Talvolta ho difficoltà a riconoscere persino me stesso nelle fotografie, figuriamoci vecchi compagni di scuola o amici della sposa (da IL RICONOSCIMENTO FACCIALE – Editoriale di Marco Schintu)

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