INTELLECTUAL PRIDE


Editoriale del 26 gennaio 2016

Non capisco perché tante persone, quando si sentono dare dell’intellettuale, si mettono subito sulle difensive negando di esserlo, neanche avessero dato loro dello stronzo. E non so se sbagliano di più quanti lo fanno per una modestia del tutto fuori luogo o quelli che percepiscono il termine come offensivo. I primi sono quasi razzisti, perché essere intellettuali non comporta alcuno status di privilegio: significa solo lavorare con l’intelletto, dunque tutti quelli che si occupano di studio e cultura sono intellettuali. Punto e basta. Così qualsiasi insegnante, anche della scuola elementare, lavorando con l’intelletto, è un intellettuale. Non significa far parte automaticamente di una razza superiore: non è che se sei un intellettuale, sei per forza in gamba. Ci sono infatti, a ogni livello, intellettuali ottimi, buoni, normali o pessimi. Ho stima pari a zero di Paolo Crepet e Stefano Zecchi, ma non posso negare che siano intellettuali. E il simpatico Gigi Marzullo, non è un intellettuale? Dall’altra parte, non si è mai sentito nessun manovale che si schermisce dicendo che non è un manovale. Se lavora con le mani, è un manovale: e anche fra questi, come sappiamo tutti, c’è chi lavora bene, chi così così e chi in modo schifoso. Ma l’etichetta di manovale non inquieta nessuno ed è accettata tranquillamente da tutti, senza snobismi o riserve. Chi scambia la parola “intellettuale” per un insulto, vada a rileggersi Pasolini che scriveva: “Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere”. Con una dichiarazione così orgogliosa di intellettualità da parte di un grande artista omosessuale, ci chiediamo che cosa sarebbe successo se Sarri avesse provato a insultare Mancini dicendogli, anziché “finocchio”, “intellettuale”.

Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan

COGLI L’ATTIMO

 

da Antonio Gramsci – I giorni del carcere (1977) di Lino Del Fra con Riccardo Cucciolla

« Archivio »

  • MANIFESTO DI ARISTAN


    ANTEPRIMA
  • PROMO ARISTAN ROBERTO PEDICINI


  • INNO


  • IL TEMPO DEI TOPI DI FOGNA


  • CIAO NADIA