Quando frequentavo a Pisa l’università, l’appartamento accanto al mio era abitato da due studentesse. Una dai lineamenti belli e regolari, atteggiamento affettato ed elegante, l’aria di chi se la tira al massimo, capelli corti e curati, sempre vestita con raffinatezza; l’altra più selvatica, capelli lunghi e ricci, modi bruschi, con una naturalezza animalesca trasandata. Io e il mio amico Giovanni le chiamavamo rispettivamente quella discréta e quella grèbana. E sdottoravamo spesso, con timida reverenza, su quanto fosse fascinosa, scostante e piena di charme la discréta, e, con scherno sguaiato, su quanto fosse rozza la grèbana. Eppure, un giorno in cui facevamo quei discorsi da maschi per la fortunata rubrica prefemminista “Chi ti faresti?”, confessammo entrambi che the winner was… quella grèbana! Porca miseria, che colpo di scena! L’esito poneva un quesito filosoficamente intrigante. Possibile che la grèbana risultasse più desiderabile della discréta? Era un controsenso da diventarci matti. Come mai? Mi dispiaceva sinceramente per quella discréta: tutto quello spiegamento di mezzi (espressione spocchiosa, aria sofisticata, passo seducente, clima da donna angelo di Cavalcanti) per risultare alla fine, lei che era quella discréta, parecchio meno “materassabile” (dicevamo allora, sempre in gergo prefemminista) di quella grèbana! L’avesse saputo, credo che si sarebbe sparata in bocca. Perché, pur sforzandoci coscienziosamente da allora di farci piacere di più quella discréta, continuammo a preferire sempre quella grèbana? Era una riprova di quanto sia ingiusto il mondo: la distruzione di ogni logica etica ed estetica. Conferma dell’imperfezione umana e dell’inadeguatezza maschile, incapace di aderire al reale in modo congruente. Peggio di Petrarca, che capiva razionalmente quanto sarebbe stato giusto seguire il bene spirituale ma si sentiva condannato a vagheggiare Laura, sapevamo benissimo che a essere discreta era quella discréta (lo dice anche la parola!), ma con sgomento eravamo costretti al “pentersi e ‘l conoscer chiaramente che quanto piace al mondo è” quella grèbana.
Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan
COGLI L’ATTIMO
da Quando le donne avevano la coda (1970) diretto da Pasquale Festa Campanile. Con Senta Berger, Giuliano Gemma.