LA "REALTA' SOSTITUITA" DEI POKEMON


Editoriale del 26 luglio 2016

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Mentre l’Europa vive un’estate di terrore e di morte, tra la strage di Nizza e quella di Monaco (per tacere della Turchia e dei barconi dei migranti che continuano ad affogare), noi diamo la caccia ai Pokemon. Gli opinionisti di tutto il mondo sdottorano sul fenomeno e trovano nessi impensati tra il sangue reale e i mostri virtuali: c’è chi dice che, per esorcizzare l’ansia di non poter combattere un nemico sfuggente e imprevedibile come l’Isis, ci sfoghiamo con Pikachu; chi ci mette in guardia dal farci irretire dal falso, perché quella che ci presentano come “realtà aumentata” sarebbe invece “realtà sostituita”: a Firenze entrano agli Uffizi senza vedere Botticelli o Piero della Francesca, ma per scovare i mostriciattoli giapponesi; chi lancia allarmi apocalittici, come il regista Oliver Stone, contro il capitalismo della Nintendo che da una parte incassa milioni a palate e dall’altra rende visibili le nostre password e la posta mail, mostrandoci trasparenti al controllo orwelliano; chi fa il vecchio saggio disincantato, invitando a lasciarci divertire, in fondo sono ragazzi… Dall’antenato Tamagochi alla fattoria, l’idea di popolare il mondo di Pokemon, attraverso l’integrazione con il GPS, è l’ultima geniale trovata del divertimento virtuale. A me i Pokemon stanno simpatici, mio figlio è l’allenatore di una palestra del gioco e, per natura, sono il contrario dell’allarmista e dell’apocalittico. Se non partecipo alla caccia ai Pokemon è per lo stesso motivo per cui non sono su Facebook: troppi libri da leggere, cd da ascoltare, film e mostre da vedere per farmi vampirizzare il tempo dal virtuale. Mi diverto già molto ad ascoltare i commenti e ad ammirare gli estremisti del caso che, come tutti gli estremisti, sfiorano il sublime. Il più maniaco è tale Tom Curry, un ventiquattrenne neozelandese che si è appena licenziato dal lavoro (faceva il cameriere in un bar di Auckland) per dedicarsi totalmente alla caccia ai Pokemon: ogni mattina prende il suo zaino e un termos di caffè, sale sull’autobus e inizia la sua caccia. Ha già attraversato quasi tutta la Nuova Zelanda, che vuole disinfestare da solo da tutti i Pokemon, e ha buone probabilità di diventare il miglior giocatore del mondo di Pokemon Go. A un giornalista che lo intervistava per chiedergli se era scemo, ha risposto: “Ho lavorato per sei anni e avevo bisogno di una pausa. E Pokemon Go mi ha dato la possibilità di avere un po’ di avventura”. Il più scettico è un vecchietto che, al bar sotto casa mia, ieri sera borbottava, polemizzando contro questa gioventù che dà la caccia a “pupazzi che non ci sono”. Lui e i suoi amici, da ragazzi, erano più sani, diceva, perché davano “la caccia alle pupazze che c’erano”. Avesse letto Cicerone, avrebbe aggiunto “O tempora o mores!”.

Fabio Canessa
(preside del liceo olistico “Quijote”)

Il più scettico è un vecchietto che, al bar sotto casa mia, ieri sera borbottava, polemizzando contro questa gioventù che dà la caccia a “pupazzi che non ci sono”. Lui e i suoi amici, da ragazzi, erano più sani, diceva, perché davano “la caccia alle pupazze che c’erano”.
(da LA “REALTA’ SOSTITUITA” DEI POKEMON editoriale di Fabio Canessa)
A caccia di aquiloni – da Il cacciatore di aquiloni (2007) diretto da Marc Forster, tratto dall’omonimo best-seller di Khaled Hosseini

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