NOTIZIE DAL DILUVIO


Editoriale del 6 febbraio 2018

A Caserta la professoressa Franca Di Blasio mette una nota sul registro a uno studente (si fa per dire) che da giorni rifiuta di farsi interrogare; lui si alza, tira fuori un coltello e le sfregia il volto; lei, all’uscita dall’ospedale dove le hanno messo 32 punti di sutura, fa autocritica e, come recita il balordo mantra dei più citrulli e masochisti operatori della scuola, ‘si mette in discussione’ (ci sarà una locuzione più bischera?): “Forse con lui abbiamo fallito”. Lei avrà forse fallito, ma lui no perché le ha centrato la faccia con un taglio. A Venezia una maestra (si fa per dire) ce l’ha fatta a farsi licenziare dalla scuola elementare italiana (obiettivo da Guinness dei Primati) perché scriveva “squola” e “sciaquone”, metteva le doppie dove non c’erano (e viceversa) e correggeva i compiti a cazzo di cane, con esiti dadaisti. Oltre a licenziare lei, dovrebbero ripercorrere per li rami tutta la trafila degli insegnanti che l’hanno promossa dalla prima elementare al concorso per maestra e allestire un maxiprocesso stile Cosa nostra. A Siracusa i genitori (si fa per dire) di un alunno pestano il professore di educazione fisica fino a rompergli una costola perché aveva rimproverato il loro figlio. Siamo certi di interpretare il pensiero del docente se affermiamo che, anche in questo caso, forse abbiamo fallito. A Milano una maestra (si fa sempre per dire) corregge in un compito l’errore di un bambino che aveva scritto “zebra”: doveva scrivere “zebbra” con due b. A Milano, oltretutto, mica a Roma. Di fronte a una situazione così allarmante, la scuola (si fa per dire) non si fa cogliere impreparata e corre ai ripari con provvedimenti di spietata severità: il preside genovese Maurizio Parodi propone di abolire i compiti per casa, perché sono “inutili, dannosi, discriminanti e malsani” (soprattutto discriminanti in effetti, perché c’è chi li fa e chi non li fa e, tra chi li fa, c’è chi li fa bene e chi li fa male: discriminantissimi), il bello è che gli danno retta con 30mila adesioni già raggiunte e la sperimentazione in 166 scuole in tutta Italia che hanno già deciso l’abolizione; il Ministero dell’Istruzione, capitanato dalla mitica Fedeli (capolista PD a Pisa alle prossime elezioni, ma basta non votarla), seleziona 100 licei italiani pilota nei quali il corso di studi sarà abbreviato di un anno, in vista di estendere il provvedimento del diploma in 4 anni all’intero territorio nazionale; il medesimo Ministero denuncia il cancro della dispersione scolastica, tuona contro l’abbandono degli studi da parte di troppi ragazzi e suggerisce come rimedio quello di abolire le bocciature alle elementari e alle medie, perché “bocciare è costoso (ingolfa di studenti il sistema scolastico, aumentando la numerosità (dice proprio così, non il numero) di studenti per classe) e inefficiente (non ha evidenti benefici indicati per gli studenti o per i sistemi scolastici nel suo complesso)”. Non si sa se fa più schifo la forma o il contenuto. Intanto cresce l’indignazione per l’aumento di gravi casi di bullismo un po’ ovunque e fioccano su Facebook volti tumefatti di figli postati da genitori degeneri per denunciare la piaga (e le piaghe) dei pestaggi subiti. Invece, mettetevi nei panni dei ragazzi: con insegnanti più ciuchi di loro, senza compiti per casa e sollevati da ogni rischio di bocciatura, col liceo breve e genitori pronti a menare le mani per difenderli, non verrebbe anche a voi la voglia di andare a scuola a picchiare qualcuno? Forse abbiamo davvero fallito, sarà il caso di metterci in discussione.

Fabio Canessa
(Preside del Liceo Olistico Quijote)

Di fronte a una situazione così allarmante, la scuola (si fa per dire) non si fa cogliere impreparata e corre ai ripari con provvedimenti di spietata severità (da NOTIZIE DAL DILUVIO, editoriale di Fabio Canessa)

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