La trovata più scimunita della settimana si deve a Beppe Severgnini, nuovo direttore di 7, il magazine del Corriere. Che ha estromesso tutti i critici professionisti per affidare le recensioni dei vari settori ai lavoratori del Corriere della Sera. Così, per esempio, al posto di Aldo Grasso la recensione della serie televisiva “Legacy” è scritta dal direttore Luciano Fontana, non c’è più Vittorio Sgarbi e le mostre vengono recensite dall’inviato a Parigi Stefano Montefiori, la critica letteraria del libro “Storie della buonanotte” non è vergata da Antonio D’Orrico ma dall’economista Corinna De Cesare e, colmo dell’umiliazione per il licenziato Claudio Carabba, la critica cinematografica di “Questione di karma” è firmata nientepopodimenoche dalla portinaia del palazzo di via Solferino, tale Valeria Gioia. Quale sia la qualità dell’esito dell’esperimento lo lascio giudicare a chi leggerà quelle pagine, ma vi anticipo che è inferiore, anche sul piano della scrittura, alla più modesta delle aspettative. Però la solenne stronzata torna buona per interrogarci su che cosa sia la critica e a che cosa serva. Sul dizionario on line del Corriere la definizione di “critico” è “chi esercita la critica professionalmente” e ciò dovrebbe bastare. Per quanto asino e discordante dal nostro giudizio, il critico è se non altro un tale che, oltre ad aver visto molti film, ascoltato molta musica, letto molti libri (così si impara ad essere professionisti di qualcosa) e così via, ha un punto di vista sul cinema, sulla musica, sulla letteratura. In modo che il lettore, una volta inquadrate le coordinate che governano i gusti, le idiosincrasie, le idee culturali e politiche, perfino l’età del recensore, impara a regolarsi e a prendere le misure con i suoi giudizi, ricavandone comunque un servizio che lo orienti nella scelta e nelle proprie valutazioni (magari pure quello di rovesciare il verdetto del Minosse di turno). Ma cosa mai può fregargliene di quello che pensa un’economista di un libro di fiabe o una portinaia di un film? Esattamente come dell’opinione su questioni economiche di un critico letterario o sul lavoro di portineria di un critico cinematografico. Su un film meglio allora il giudizio della propria di portinaia, che almeno si conosce e sappiamo che tipo è. La trovata di 7 è la pietra tombale della competenza, punto di non ritorno della stampa cartacea, che si inginocchia all’epoca dei talent, dove lo spettacolo non lo fanno gli artisti ma il pubblico, e dei social network, dove ognuno sdottora su qualsiasi cosa a cazzo di cane. E poi gli editorialisti del Corriere come potranno da oggi lamentarsi che nei ministeri ci sono persone impreparate per quel settore? Del resto, il Ministro dell’Istruzione non è neppure diplomato. In una società talmente cialtrona e sgangherata da abolire la dignità dei mestieri, proponiamo almeno che l’alternanza valga per tutti: Valeria Gioia, la portinaia di via Solferino, diriga 7 e Severgnini si dia da fare in portineria.
Fabio Canessa
(preside del liceo olistico “Quijote”)
la solenne stronzata torna buona per interrogarci su che cosa sia la critica e a che cosa serva. Sul dizionario on line del Corriere la definizione di “critico” è “chi esercita la critica professionalmente” e ciò dovrebbe bastare. (da OFFELEE, FA EL TO’ MESTEE, editoriale di Fabio Canessa
Corrado Guzzanti dal Pippo Chennedy Show (1997)