PAURA FA 90


Editoriale del 3 dicembre 2013

PAURA FA 90
La paura del prossimo mi è sempre sembrato un sentimento assurdo. Per istinto e per logica. Quando nasciamo non sappiamo un cazzo di nulla, nemmeno come ci chiamiamo. Né dove abitiamo, né che lingua si parla (neanche che si parla), né che esistono la Terra, il sole, le stelle, gli alberi, il mare, l’Italia, la morte e Berlusconi. E tutti gli altri esseri viventi seguono la medesima trafila. Anzi, ogni volta che vi capita di provare diffidenza o timidezza nei confronti di qualcuno, provate a immaginarlo come era qualche decennio prima: appena uscito da quel buco, infante frignante nella sala parto. Vi vergognerete a bestia della vostra ritrosia e sentirete per lui solo un senso di fraternità, concetto che né la dottrina religiosa né il motto della Rivoluzione Francese potrebbero mai inculcarvi con la medesima efficacia. Uno dei ricordi più lontani che emergono dalla mia infanzia è uno scherzo cretino che facevano i miei genitori e una coppia di loro amici che veniva spesso a cena da noi: quando questi se ne andavano, mi prendevano in collo dicendo che da allora sarei andato ad abitare con loro. La penosa farsa durava quando la discesa della prima rampa di scale, poi, col fare gradasso di chi si compiace di averti terrorizzato a morte, risalivano fino al pianerottolo in un coro querulo di “Hai avuto paura, eh… ci credevi… stai tranquillo, non ti portiamo via, no…”. Che colpo di scena mozzafiato! Io non avevo avuto paura per niente, non ci avevo creduto neppure un secondo, loro recitavano malissimo e, casomai, sarei stato contento che fosse vero. Per loro, che si sarebbero risparmiati la risalita e la figura meschina da spirito di patata, e per me che cambiavo aria. Non perché stessi male coi miei, tutt’altro, ma perché ero sicuro che sarei stato bene anche con gli altri, che a occhio e croce erano come i miei: brave persone, “gente tranquilla, che lavorava”, direbbe Celentano, avevano giocato a carte coi miei fino a due minuti prima, facevano discorsi analoghi… t’immagini che shock sarebbe stato andare con loro! Piuttosto un diversivo ganzetto: chissà che cucinavano o che giochi potevo fare nella nuova casa! Invece ogni volta la solita tiritera. Nonostante io rimanessi impassibile: così dignitoso da non fingere spavento per assecondare il mesto recital e così educato da non esprimere la desolata irritazione per quella fallimentare messinscena.

Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan

COGLI L’ATTIMO

 

da Io ho paura (1977) diretto da Damiano Damiani e interpretato da Gian Maria Volontè e Mario Adorf

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