Durante un concerto a Umbria Jazz, Ray Gelato presenta, in un italiano stentato, il suo batterista “che ha 24 ani”. E il mio pensiero ritorna alle scuole medie (ognuno ha le madeleine che si merita): quando un compagno di classe ti chiedeva “Quanti ani hai?”, tu rispondevi “12” e quello scoppiava in un riso forzato, seguito dal penoso spiego “Ho detto ani, non anni”. E allora?, chiedevi tu, e lui con squallida pazienza ti rivelava che ano vuol dire culo. Chi l’avrebbe mai detto? A quell’età le parolacce le sai tutte, ma ti mancano i sinonimi non volgari, come pene, testicoli e, appunto, ano. Il momento più degradante arrivava quando, per rendere la pariglia, eri tu a formulare l’atroce domanda all’indirizzo di un altro attonito poveraccio e a immeschinirti con la trafila della risata forzata e dello spiego. Perché il pietoso sketch non ha mai divertito nessuno e spesso ha gelato l’atmosfera, impedendo all’allegria di manifestarsi per ore. Magari però, tra trenta o quarant’anni, se sarò ancora vivo, voglio provare a riproporlo ai miei coetanei superstiti. Quanti ani hai? “78”. Oppure: “86”. E giù ghignate, forse a quel punto persino spontanee. La vecchiaia rende più fragili e anche il senso dell’umorismo dovrebbe farsi meno esigente. Inoltre la comicità ha una valenza quantitativa e iperbolica: se l’immagine acustica (come diceva De Saussure) di 12 ani ci lasciava freddini, fantasticare una schidionata di 86 culi, a quell’età, potrebbe farci scompisciare al punto da rischiare di inciampare nel catetere.
Fabio Canessa
(preside del liceo olistico “Quijote”)
se l’immagine acustica (come diceva De Saussure) di 12 ani ci lasciava freddini, fantasticare una schidionata di 86 culi, a quell’età, potrebbe farci scompisciare al punto da rischiare di inciampare nel catetere.
(da I PEGGIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA editoriale di Fabio Canessa)
una performance dei I Momix sulle note de I migliori anni della nostra vita (1995) di Renato Zero
