Dalla plastica siamo circondati: ha inquinato i mari e gli oceani, invaso le nostre case; le particelle più piccole non solo le ingeriamo ma ci accorgeremo presto che addirittura le respiriamo. Le bottiglie di plastica sono talmente diffuse da spuntare persino sulla barca a vela con la quale Greta Thurnberg ha fatto il viaggio a emissioni zero verso l’America. Di plastico però non ci sono solo i materiali che compongono molti degli oggetti che utilizziamo. Nell’ultima calda estate della politica italiana, in tutte le interminabili dirette televisive che documentavano la crisi di governo e i suoi prodromi, come se non bastasse l’evidenza, le immagini erano spesso definite “plastiche” e l’avverbio “plasticamente” spuntava in tutte le conversazioni. Forse per l’eccesso di muscoli e di panze (pance?) offerti alla pubblica adorazione sulla spiaggia o in parlamento, flaccidi o scolpiti, in mutande o in cravatta, di fronte o di profilo, pallidi o abbronzati. Come tutti i termini di cui si abusa, “plasticamente” si avvia a infarcire i discorsi di chi non ha niente da dire o da mostrare, per continuare, plasticamente, a non dire niente o a non mostrare niente.
Marco Schintu
(Ufficio pesi e misure di Aristan)
Forse per l’eccesso di muscoli e di panze (pance?) offerti alla pubblica adorazione sulla spiaggia o in parlamento, flaccidi o scolpiti, in mutande o in cravatta, di fronte o di profilo, pallidi o abbronzati (da PLASTICAMENTE – Editoriale di Marco Schintu)