SALMO 181 PURIM E SETACCI, FONDAMENTALISMI E CARNEVALI


Editoriale del 23 marzo 2019

«Sadatzu, miu sadatzu, cussu chi mi fais ti fatzu = Setaccio, mio setaccio, quel che mi fai ti faccio»: suona così un proverbio sardo, ma credo che tutte le lingue abbiano qualcosa di simile. Morte chiama morte? I proverbi, sovente, anche se hanno tutto un libro nella Bibbia, sono il concentrato non della sapienza, ma della stupidità umana.
Celebreremo il 20 marzo come il day-after di una mancata vendetta sui “nostri” figli della morte in mare dei “loro” figli?
Il 20 marzo, quest’anno, coincide con la festa ebraica dei «Purim», delle «Sorti» con cui l’oppressore di turno doveva stabilire la data di sterminio del popolo ebraico. La sorte, raccontata nel libro biblico di una donna di nome “Ester”, per il suo stesso nome “clandestina”, ma regina e favorita del re, dice invece che: «Nel dodicesimo mese, cioè il mese di Adar, il tredici del mese, quando l’ordine del re e il suo decreto dovevano essere eseguiti, il giorno in cui i nemici dei Giudei speravano di averli in loro potere, avvenne invece tutto il contrario, poiché i Giudei ebbero in mano i loro nemici». Lascio a chi legge la bibbia in modo fondamentalista, come fosse una dichiarazione dei redditi da dichiarare falsa, il facile scandalo per le cifre del massacro incredibile che il giorno-dopo gli ebrei compiono, ovviamente, per autorizzazione del re, convinto dal fascino della “clandestina” Ester.
E invece di quel numero incredibile di morti (donne e bambini), che darebbe ragione al proverbio della violenza che chiama violenza, preferisco ricordare solo un dettaglio (fra tanti che lo meriterebbero) di ciò che è diventata la festa dei Purim, quasi equivalente dei nostri “carnevali”: nel grande banchetto che quel giorno è prescritto, insieme con «mandate», cioè pranzi pronti portati ai poveri (si noti il medesimo termine, “mandadas”, usato in sardo), è fatto quasi obbligo di ubriacarsi fino al punto di non distinguere, nella lettura rituale del libro di Ester, tra «Benedetto Mardocheo» (= Benedetti noi) e «Maledetto Aman» (= Maledetti gli altri, i nemici).

Ma perché, Signore, capire testi e proverbi
solo a carnevale?

Antonio Pinna
Salmista ad Aristan

nel grande banchetto che quel giorno è prescritto, insieme con «mandate», cioè pranzi pronti portati ai poveri (si noti il medesimo termine, “mandadas”, usato in sardo), è fatto quasi obbligo di ubriacarsi fino al punto di non distinguere, nella lettura rituale del libro di Ester, tra «Benedetto Mardocheo» (= Benedetti noi) e «Maledetto Aman» (= Maledetti gli altri, i nemici) da SALMO 181 PURIM E SETACCI, FONDAMENTALISMI E CARNEVALI, editoriale di Antonio Pinna

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