Salmo 60 «CHE FAI TU, LUNA, IN CIEL?». QUANTI PHI PER DIRLO?


Editoriale del 19 novembre 2016

George

Gli “studiosi” di Aristan ricorderanno le lezioni di Prof. Gessa che, in base alle neuroscienze, “sapeva dove era l’anima”, ma alla fine accennava a un “resto”: il fatto della “coscienza”, l’hard problem con cui ancora fare i conti. Ci sta provando da qualche tempo, a fare questi conti, la Teoria dell’Informazione Integrata (IIT), ma invertendo il procedimento: mentre Prof. Gessa partiva dalla fisica (cervello, nervi) per arrivare alla fenomenologia (esperienze soggettive), la IIT ha scelto di partire dalla fenomenologia, arrivando a definire cinque caratteristiche fondamentali di ogni atto di coscienza, per poi individuare quali requisiti fisici siano necessari a renderle possibili. Hanno concluso che la coscienza si può misurare, e per farlo usano una nuova unità di misura, il Phi, con uno strumento ancora “primitivo” detto coscienziometro (uno stimolatore magnetico transcranico). Principali piani di applicazione: la terapia di pazienti con gravi lesioni cerebrali, la ricerca sulla coscienza degli animali e sullo sviluppo della coscienza umana, le tecnologie di intelligenza artificiale. Eppure, un “resto” sembra ancora rimanere anche per l’IIT: «Anche se un domani un calcolatore fosse in grado di replicare perfettamente tutte le funzioni cognitive di una persona cosciente […] anche se citasse Dante e fischiettasse Verdi […] sarebbe letteralmente solo una macchina che recita una parte, senza avere né esperienza soggettiva né libero arbitrio; una macchina che esiste per noi, osservatori esterni, ma non per se stessa, dall’interno. […] Anche se un calcolatore del genere, al comando di un corpo adeguato, potesse incantarci quanto e meglio del più affascinante dei nostri simili… dietro occhi seducenti ed espressivi non ci sarebbe assolutamente niente – il vuoto dell’incoscienza. E se tali macchine prendessero il sopravvento, il mondo diventerebbe, nelle parole del grande fisico quantistico Erwin Schrodinger «una recita davanti a un teatro vuoto» – un teatro di marionette per marionette. Perché fare non è essere, ed essere è essere coscienti.» [Giulio Tononi, “padre” della IIT, su “Domenica” del Sole 24Ore 13 novembre 2016, p. 1).

Non siamo, dunque, Signore, marionette in scena,
e credere è parlarsi in un teatro di reciproche presenze,
ciascuno con o senza poesia, tua o mia.
E se un giorno con precisione mi diranno
quanti Phi o gradi di coscienza ci vollero al «pastore errante» a parlarsi con la luna,
Hallelujah anch’io ti dirò per il progresso, Signore muto di ogni scienza,
ma soprattutto ringrazierò per le poesie già, senza misura, dette.
E mi sarà ancora compagna la greggia del poeta,
che, a misura sua, la miseria sua, credo, sapeva.

Antonio Pinna
(salmista di Aristan)


E se un giorno con precisione mi diranno / quanti Phi o gradi di coscienza ci vollero al «pastore errante» a parlarsi con la luna, / Hallelujah anch’io ti dirò per il progresso
(da Salmo 60 «CHE FAI TU, LUNA, IN CIEL?». QUANTI PHI PER DIRLO?)
Carmelo Bene – Canto Notturno di un Pastore Errante dell’Asia

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