Sala d’attesa di un poliambulatorio. Silenzio. Entra una mamma giovanissima, guida un passeggino con dentro un bambino di circa sei anni, un corpo ormai troppo grande per quello spazio ridotto, i piedi ciondolanti che sfiorano il suolo. I due non parlano, urlano. Il bimbo si libera e comincia a correre, ad arrampicarsi, a fare domande impertinenti. La donna appare distratta, lo richiama debolmente. La gente intorno è seccata e disapprova con movimenti del capo, sguardi e alzate di sopracciglia. A quel punto la mamma dice: “Vieni, che ti racconto una fiaba!” Il bimbo si blocca. Quella frase sembra magica perché sortisce un effetto immediato: ammutolito, incuriosito, affascinato, lentamente lui si avvicina a sua madre e si rincagna nel passeggino. Gli sguardi intorno, ora, sono meravigliati e gli occhi di tutti si cercano, quasi a ottenere conferma di quel piccolo miracolo. “C’era una volta un bambino che era andato… alla Città Mercato…”. Il bambino va in estasi: col dito in bocca e gli occhi nel vuoto, già immagina le luci al neon, i giochi di plastica, il profumo di Mac Donald e tante tante cose da comprare. Qualcuno ha detto che i castelli in aria che si costruiscono con poca spesa sono costosi da demolire ed io penso a quanto ancora dovremo pagare a causa dei sogni di plastica e a buon mercato che continuiamo a regalare ai nostri bambini.
Giovanna Ferraro
COGLI L’ATTIMO
da Ballo a tre passi (2003) scritto e diretto da Salvatore Mereu