Mi distraggo sempre, il 10 agosto, mentre fisso il cielo in attesa di una stella cadente. Il desiderio è sempre lo stesso, universale e bambinesco. Alla fortuna e al cosmo chiedo sempre cose semplici. Ma le scie luminose precipitano prima che lo stupore si coaguli in una richiesta. Quest’anno ero preparata. Una festa in centro, un compleanno e molti nasi verso il buio, sui terrazzini affacciati sulle vie della movida di provincia. Troppe luci in città. L’armata festante, precaria sui tacchi, si è diretta bicchiere alla mano verso la parte alta del quartiere, ad aspettare tra i divani bianchi a picco sul golfo. A me è presa quella tristezza irrimediabile di quando tutti sono euforici e ti sembra che si muovano in una coreografia al rallenty dentro un acquario in cui si dilatano i suoni e il tempo. E ascolti i discorsi, riconosci le parole ma ti sfugge il senso. Così ho preso un passaggio al volo da Jimmy e Chicco e sulla via del ritorno ci siamo fermati al colle, perché Nour, molti boccoli e due anni di strada, voleva vedere le stelle. Poco fuori dal centro abitato il buio era tempestato di bagliori, un infinito borotalco lattiginoso. Nour saltava dal marciapiede reggendosi alla mano del padre, saltava e saltava e io applaudivo e lei rideva e rideva. La sensazione dell’acquario era svanita, e tutto era reale e preciso e intenso. Non mi sono accorta delle macchine che arrivavano e dei ragazzi che si stendevano sul muro rivolti al cielo. Io guardavo in basso, verso quel cerchio di asfalto tra il trampolino del marciapiede e la madre di Nour che ne arginava la corsa. La stella l’ho vista lì, svolazzante nel suo vestito a pois, nella sua nuvola di ricci scuri, avvolta della sua risata. Poi Jimmy le ha detto: «dobbiamo tornare a casa». E lei ha risposto: «velocemente». Io ho riso e ho alzato le braccia e ho urlato nel silenzio scuro: «mia nipote sa usare gli avverbi!». Ci siamo guardati e per un attimo eravamo di nuovo quei ragazzi di periferia, indecisi sul futuro e pieni di desideri da esprimere. E quella cosa che ci dicevamo sempre, quella promessa di rimanere noi, nonostante i cambiamenti, i figli, i traslochi, la precarietà, i viaggi, le perdite, la mancanza, la fretta, il dolore, le speranze, quel desiderio si è avverato.
Eva Garau (Precaria di Aristan)
https://youtu.be/n3gQuu2lgGM
La stella l’ho vista lì, svolazzante nel suo vestito a pois, nella sua nuvola di ricci scuri, avvolta della sua risata
(da STELLE NASCENTI, editoriale di Eva Garau)
da È nata una stella (1976) con Barbra Streisand e Kris Kristofferson