UNA STORIA QUALSIASI


Editoriale del 12 ottobre 2013

Raphael il Somalo parlava un italiano splendido utilizzando, cosa oggi rara, tutti i tempi del congiuntivo.
Avendo studiato a Roma in seminario, raccontava di prelati pedofili, storie poco credibili, così pensavo all’epoca.
Tornato in Somalia e messo su famiglia, a causa delle continue guerriglie tra clan somali, fuggì in Kenya via mare.
Nel corso di un naufragio tentò disperatamente di salvare la moglie e le due figliolette ma, privo ormai di forze, le vide annegare.
Si salvò e arrivò a Mombasa, dove lo conobbi nel novembre del ’93.
Per poter mangiare mi chiedeva 100 scellini, somma che inevitabilmente spendeva per l’acquisto di stupefacenti.
Rimproverato da amici comuni, presi l’abitudine di comprargli direttamente il cibo;
coglione, solo ora capisco che più che vivere gli importava dimenticare.
In anni successivi seppi che era finito in prigione a Dar es Salaam per consumo di stupefacenti.
Invitato a una festa somala da Zamzam, bellissima ragazza somalo-eritrea, mi presentai con un carico di bottiglie di birra.
Le donne preparavano lo zighinì, noi uomini discutevamo bevendo birra.
Chiesi notizie di Raphael.
Si stupirono: “Did you know Raphael?”
“Yes, I did”
“Raphael is dead”. Raphael è morto.
La birra, calda, faceva schifo.

Ing. Carlo Todde
Divulgatore Scientifico presso l’Università di Aristan

COGLI L’ATTIMO

 

da Mio cognato (2002) di Alessandro Piva con Sergio Rubini, Luigi Lo Cascio

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