Ti dicono “obbligo o verità?”: se scegli ‘obbligo’, ti viene richiesta un’impresa pericolosa (esempio: scolarti un’intera bottiglia di birra camminando sull’orlo del tetto di casa); se scegli ‘verità’ devi rispondere a una domanda imbarazzante di fronte all’interessato (esempio: dire davanti al tuo ragazzo se l’hai mai tradito o desideri qualcun altro). Se rifiuti l’obbligo o dici una bugia, muori entro cinque minuti (colpa di un demone messicano parecchio birbone di cui vi risparmio i dettagli). E’ il meccanismo narrativo che sta alla base di un film appena uscito, intitolato appunto “Obbligo o verità”, secondo la consuetudine per cui le poche sale aperte d’estate combattono il gran caldo offrendo agli spettatori rimasti in città i brividi freddi dell’horror. Secondo la consuetudine, i pochi critici rimasti in redazione hanno liquidato il film con una sbrigativa stroncatura. Ma la sorpresa è che, nel deserto degli incassi, risulta primo al box-office settimanale, premiato dal pubblico dei giovanissimi che si divertono a bestia a essere spaventati e si identificano nei protagonisti loro coetanei: un gruppo di amici così bischeri e antipatici che quando tirano il calzino, nei modi più efferati, chi se ne frega. E la sceneggiatura è rozza e malferma come il genere spesso prevede e i critici puntualmente lamentano. Eppure, contiene più intelligenza e vita questo film scemo di morti che i pretenziosi titoli italiani usciti in contemporanea a questo (e già smontati per mancanza di spettatori): l’ambizioso e sopravvalutato “Lazzaro felice”, l’inutile “Una vita spericolata” e l’inguardabile “Tito e gli alieni”. Tutti e tre di una noia mortale, mentre “Obbligo o verità”, come dicono i cretini, si lascia vedere. Anzi, per ritmo e tensione crescenti, scorre d’un fiato. E poi l’horror, pur tagliato con l’accetta come certi suoi personaggi, mette a fuoco con efficacia i problemi delle relazioni adolescenziali, con i grumi di gelosia, invidia, affetto, desiderio, ansia, paura, allo sbocciare dei palpiti erotici e delle prime responsabilità. E li trasfigura in una fiaba nera kitsch carica di emotività e scarica di cervello. Proprio come il pubblico a cui è indirizzata.
Fabio Canessa
(Preside del Liceo Olistico Quijote)
E poi l’horror, pur tagliato con l’accetta come certi suoi personaggi, mette a fuoco con efficacia i problemi delle relazioni adolescenziali, con i grumi di gelosia, invidia, affetto, desiderio, ansia, paura, allo sbocciare dei palpiti erotici e delle prime responsabilità. (da AL CINEMA NON FA CALDO – Editoriale di Fabio Canessa)