L’unico momento di vera tensione fra me e Albo fu quando io gli suggerii di aggiungere dell’aglio alla pasta alla ‘nduja e lui sdegnosamente rifiutò.
Non compresi il motivo del rifiuto, essendo l’aglio il principe di ogni soffritto e su questo avremmo sciolto il prezioso salume calabrese.
Gli ingredienti sono poverissimi: 2 kg di lardo di pancetta e altre parti grasse, 800 gr di carne magra, 800 gr di salsa di peperoni dolci, 800 gr di peperoncino piccante macinato, 65 gr di sale. Macinato finissimo tutto insieme si conserva nel budello del maiale o nei vasi di vetro.
L’aglio non c’è. Ecco perché, a mio avviso, nella salsa andava aggiunto.
L’aglio non c’è. Ecco perché, a suo avviso nella salsa non andava aggiunto.
La discussione fu squisitamente etimologica.
Entrambi convenimmo sul fatto che il termine non venisse dal francese anduille ma dal latino inductilia, cosa pronta per essere aggiunta: salsa.
Per lui questa salsa andava quindi introdotta in purezza sopra la pasta per me questa introduzione andava insaporita con aglio essendo qualunque cosa pronta non per sua natura esclusiva ma inclusiva.
Arrivammo a un compromesso.
Io ci aggiunsi un po’ d’olio sul quale avevo fatto dorare dell’aglio e lui no.
Poi ci scambiammo le linguine alla ‘nduja.
Ci piacquero entrambe le versioni.
E facemmo pace.