Letteratura e morte, binomio indissolubile. Spesso a morire per mano di un assassino nei romanzi sono presidenti e primi ministri. Tralasciando le fantasie su come sarebbe andata la storia se un killer avesse fatto fuori Hitler, a iniziare, nel 1971, è stato Forsyth con The day of the jackal (il morto ammazzato Charles de Gaulle). I romanzieri d’oltreoceano affatto inibiti dal fattaccio di Kennedy, hanno ipotizzato la fine di Bush e Reagan, e quella di un innominato che somiglia tanto a Trump. Il tour degli assassinii eccellenti non ha eluso la Gran Bretagna della lady di ferro (How I killed Margaret Thatcher). Nel 2005 Caruso (Chi ha ucciso Silvio Berlusconi) ha finalmente chiarito che in fatto di fantasie omicide l’Italia non è seconda a nessuno. Le analisi comparative tra trame e metodologie, l’indagine sulla scrittura come rovesciamento dei giochi di potere, sono materia per gli intellettuali. Per chi non ha il tempo di innalzarsi dal particolare al generale la questione è banale, eppure urgente. Oggi, un aspirante romanziere italiano che voglia insistere sul genere come può trovare ispirazione nel mediocre panorama nazionale? Come può emergere nel mercato globale un romanzo che si intitoli L’ultimo giorno di Pisapia o Come ho ammazzato Matteo Renzi? La politica sta uccidendo (anche) la letteratura. Facciamocene una ragione. Questo centrismo perbenista cripto-democristiano ci sta levando il diritto al riscatto, anche letterario. Al massimo i nostri politici potrebbero morire per accidente. Uno scivolone con la ruspa nel Po, coma etilico a Pontida, un morso di un pitbull all’aperitivo canino di Lambrate. Una salsiccia andata di traverso alla festa dell’Unità. Cauto verismo postmoderno, oltre non si può immaginare.
Eva Garau (Precaria di Aristan)
I romanzieri d’oltreoceano affatto inibiti dal fattaccio di Kennedy (da COME FINIRE NEL PO CON LA RUSPA)
da Kennedy (1983) miniserie tv diretta da Jim Goddard