IL FIGLIO DI ANA


Editoriale del 15 gennaio 2018

Ho intervistato Ana per altri affari, ma poi le ho chiesto: tuo figlio ha cinque anni, fra poco sarà in età per la strada e i sassi. Tu che farai? “Gli dirò di stare lontano, i sassi non servono a nulla”, mi fa. “Gli dirò di crescere e prepararsi alla resistenza vera, quella dei fucili”. Pensavo fosse spagnola, non di Puerto Rico. Non mi aspettavo una donna di quasi cinquant’anni che non ti stringe neanche la mano. Vent’anni fa per amore ha seguito il marito palestinese, ha cambiato religione, partorito sei figli. È vedova da due, non lascia Ramallah da quando è arrivata. Gli Israeliani, padroni dei visti nella terra che occupano illegalmente, non le hanno mai concesso la decenza burocratica. Come ha spiegato l’orgoglio, il mistero della madre di un martire alla sua famiglia? “Non possono capire. In Costa Rica sono pervasi di cultura e benessere americano. Ma i latini sì, basterebbe andare a sud, loro conoscono oppressione e ingiustizia”. È semplice, ed è tutto qui.

Luca Foschi
(Inviato di guerra da Aristan\ Aristan’s war correspondent)

È vedova da due, non lascia Ramallah da quando è arrivata. Gli Israeliani, padroni dei visti nella terra che occupano illegalmente, non le hanno mai concesso la decenza burocratica (da IL FIGLIO DI ANA, editoriale di Luca Foschi)

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