INCUBI ECOLOGICI


Editoriale del 10 gennaio 2019

Come ci sente a sapere che i veleni sono entrati nel nostro corpo? La soglia di tolleranza fisica e psicologica alle sostanze contaminanti è tuttora inesplorata. Siamo continuamente esposti a tossici di diversa natura, dai pesticidi ai metalli al radon, e quasi non ci facciamo più caso. Uomo o animale non fa differenza, se non nella percezione del destino finale. “Se fossi una pecora verrei abbattuta?” chiese una mamma residente in una zona contaminata del sud Italia a Liliana Cori, una epidemiologa ambientale. Era preoccupata perché volevano misurare la concentrazione di diossina e altri contaminanti nel latte con il quale svezzava il suo bambino (episodio riportato in un libro del 2011 dallo stesso titolo della domanda). Il più recente incubo ecologico si chiama microplastica. Le microplastiche sono piccolissime particelle di plastica deteriorata o di fibre sintetiche, per lo più invisibili, delle quali solo ora cominciamo a intravedere gli effetti perversi. La loro presenza nelle acque del mare era nota da tempo, ma ci si consolava pensando che il problema riguardasse gli ecosistemi marini, come per il resto della plastica. Invece dal pesce all’uomo il passo è stato breve. Oggi le microplastiche vengono misurate con sempre maggiore frequenza negli ambienti più diversi e nei prodotti più disparati, persino nell’aria urbana e nell’acqua imbottigliata. Recentemente sono state trovate in campioni di feci umane, sono anche all’interno del nostro corpo. Quanta microplastica siamo in grado di tollerare?

 Marco Schintu

(Ufficio pesi e misure di Aristan)

 

Come ci sente a sapere che i veleni sono entrati nel nostro corpo? (da INCUBI ECOLOGICI – Editoriale di Marco Schintu)

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