LA CENA DELLE ANIME


Editoriale del 9 aprile 2025

Nelle tradizioni popolari si cela una grande saggezza che stentiamo sempre più a vedere, per cui non ne cogliamo il profondo significato.

In Sardegna nel giorno dedicato alla commemorazione dei defunti, “Sa die de sos mortos”, viene tuttora celebrata la festa delle anime che culmina con la cena che i parenti dei trapassati continuano a imbandire nella notte de “Is animeddas”, lasciando in tavola qualche piatto in più: solitamente del pane, un bicchiere di vino e legumi (soprattutto fave e ceci), oggi sostituiti spesso da sos macarrones de sos mortos (i maccheroni dei morti). A corredo del banchetto non mancano nemmeno i dolci, in particolare “is pabassinos”, a base di sapa, frutta secca e glassa, che il giorno seguente vengono distribuiti ai questuanti che vanno di casa in casa per riscuotere le offerte per i morti. Le anime entrano alla mezzanotte nelle case, girano intorno alle mense imbandite, e vanno via saziate dal solo odore delle vivande.

Non è solo un ricordo e un omaggio a chi non è più tra noi: è un modo di interpretare il senso più autentico della morte, teso a rammentarci che la persona umana non è soltanto il risultato di un processo interno, il cui obiettivo è quello di diventare sé stessa, trovando una coerenza che le consenta di risolvere gli inevitabili conflitti interiori e le tensioni che ne scaturiscono e acquisire una continuità che mantiene in equilibrio la sua esistenza. A questo complesso di relazioni interne si affianca un insieme di relazioni esterne in virtù delle quali la persona riconosce nell’altro, nell’interlocutore con il quale si confronto e dialoga, un altro sé stesso. La causa principale della perdita di sé è il rinchiudersi in sé stessi, in una pretesa autosufficienza che è la radice non solo dell’egoismo, ma anche di quell’analfabetismo emotivo e affettivo che impedisce di amare e di capire che si diventa sé stessi solo svelandosi per l’altro, attraverso l’altro e mediante l’altro. E quanto più numerosi sono gli altri con i quali si intrecciano queste relazioni di comunicazione, di amicizia e di amore, tanto più l’io prende coscienza di sé e si arricchisce. Con la morte svaniscono le relazioni interne, ma non queste esterne, per cui dopo di essa si continua a vivere non solo nella memoria, ma nello sguardo di tutti gli altri con i quali si è riusciti a stabilire questi intensi legami affettivi. La cena delle anime attualizza e rende concreto questo sguardo, trasformando i morti in commensali con i quali possiamo ancora spartire il cibo, condividendone la fragranza e tornando, per una volta, a respirare insieme a loro.

Silvano Tagliagambe (Cronista filosofico)

“Nelle tradizioni popolari si cela una grande saggezza che stentiamo sempre più a vedere, per cui non ne cogliamo il profondo significato.” Da LA CENA DELLE ANIME – Editoriale di Silvano Tagliagambe (Cronista filosofico)

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