MANGIATORI DI CUORE


Editoriale del 22 giugno 2017

Sulla via che dovrebbe condurmi a diventare vegetariano nel giro di trent’anni mi interrogo sempre più spesso sulla mia condizione di carnivoro. Sull’irrispettosa attitudine a mangiare il cuore degli animali, ad esempio. “Pulire il cuore di un maiale, togliere i ventricoli che risulterebbero duri e tagliarlo in tre o quattro fette da far marinare in acqua e succo di limone per almeno due ore….”. È labile il confine tra cucina del cuore e cardiochirurgia, al cuoco occorrerebbe un bisturi. Peraltro valvole suine sono impiantate nel cuore di milioni di persone. Dovrebbe bastare questo per convincermi a passare direttamente all’insalata. E invece, sopraffatto dalla mia volgarità, ingerisco senza scrupoli cuori di pollo, di agnello, di bue, di cinghiale, di cervo. Ho ceduto persino davanti al cuore di un delfino, convincendomi che in fondo non era che un muscolo salato a dovere. Ora però vivo in preda al rimorso. Come posso essere stato così insensibile? Non mangerò più cuore, almeno finché non smetterò di piangere.

Marco Schintu
(Ufficio pesi e misure di Aristan)

È labile il confine tra cucina del cuore e cardiochirurgia, al cuoco occorrerebbe un bisturi (da MANGIATORI DI CUORE, editorial di Marco Schintu)

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