MATURITA' MATURA


Editoriale del 27 giugno 2017

Il topolino ha partorito una montagna. O almeno una collina di gradevole skyline. Il Ministro dell’istruzione più scalcinato dell’era cristiana ha prodotto gli scritti di maturità più dignitosi degli anni Duemila. Eppure le premesse erano catastrofiche: il sito del Miur titolava, solo il giorno prima delle prove, “Traccie” con la i. Già tutti a sbudellarci dalle risate, mentre la ministra si scusava, correggeva e, al solito, dava la colpa all’azienda informatica di aver manomesso l’originale corretto “tracce” da lei scritto. Improbabile che l’azienda informatica si prenda il disturbo di leggere e cambiare, aggiungendo una i, il testo del Ministero. Se piove di quel che tuona, pensavo io, chissà come ci divertiremo con le tracce, o traccie, domattina. Invece, sorpresa, i testi delle varie tipologie presentano una coerenza di temi che si richiamano tra loro, articolati con echi interni da variabili strutturate con logica e servite con gusto non banale. L’analisi del testo riguarda una poesia di Giorgio Caproni, esemplare per la tessitura metrica e fonica (con tanto di rime, assonanze e consonanze, enjambement e figure retoriche da individuare) e profetica nel contenuto, per come anticipa di un trentennio l’allarme ecologico al centro dell’ultima enciclica del papa e degli incontri dei potenti della terra. Poi la natura nell’arte e nella letteratura, che permette ai candidati di spaziare dal Romanticismo a Pascoli e Montale, passando per Turner; il rapporto tra tecnologia e lavoro, che è un po’ la versione aggiornata della medesima questione, con il digitale e l’informatica al posto della natura; i disastri e la ricostruzione, sempre una riflessione sulla responsabilità della natura opposta alla tenacia del lavoro umano; la robotica nell’istruzione e nel mondo del lavoro, ulteriore declinazione dello stesso problema; infine il boom economico degli anni Sessanta, snodo nevralgico dei guai attuali e il concetto di progresso, punto di arrivo di tutto il resto, nella duplice accezione tecnologica e morale. Si possono fare tutte le critiche che vogliamo (non è il miglior Caproni, l’enfasi ecologica è eccessiva, le fonti risultano spesso interscambiabili) ma mi pare indiscutibile che l’esame abbia, come certe pagine ben curate dei giornali, un’impaginazione intelligente e una strategia limpida, molto al passo coi tempi e offra l’occasione agli studenti di argomentare facilmente con ricchezza di esempi, dimostrando, a seconda della loro preparazione, superficialità o capacità di approfondire, elasticità o scolasticità, adesione o spirito critico. Meglio ancora la seconda prova: una versione di Seneca, facile per grammatica e sintassi, ma splendida per stoffa linguistica e qualità dei contenuti. Con l’aria che tira, era difficile fare di meglio. Il detto secondo cui il convento è ricco ma i frati sono poveri si è rovesciato: il ministero è ciuco, ma le traccie sono colte.

Fabio Canessa
(preside del liceo olistico “Quijote”)

Eppure le premesse erano catastrofiche: il sito del Miur titolava, solo il giorno prima delle prove, “Traccie” con la i. Già tutti a sbudellarci dalle risate, mentre la ministra si scusava, correggeva e, al solito, dava la colpa all’azienda informatica di aver manomesso l’originale corretto “tracce” da lei scritto.(da MATURITA’ MATURA, editoriale di Fabio Canessa)

Da Ovosodo (1997), diretto da Paolo Virzì.

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