PAZIENZA PER LE ZUCCHINE RIPIENE


Editoriale del 26 luglio 2020

Capita per le grandi occasioni, liete o tragiche. Una volta era il natale, quando il matriarcato stabiliva i tempi dei discorsi e delle cotture e i vapori della cucina accompagnavano le memorie. Sempre più spesso manca qualcuno intorno al tavolo. Generazioni a confronto: i piccoli ad ascoltare, anche se non sono più piccoli. La vita alla casa della vecchia diga prima che venisse inghiottita da metri d’acqua e acciaio. La sveglia all’alba, le donne che sembravano non conoscere riposo. I panni si lavavano al fiume, il pane alle cinque era già in forno, gli animali e i campi avrebbero riempito il resto delle ore. I maschi della famiglia di mio padre esorcizzano la paura con i racconti, come facevano da ragazzi intorno al camino, prima che nonna fondesse la cioccolata nel barile e i grandi arrivassero a vedere la TV sull’unico schermo acceso tra le colline. Davanti alle brutte notizie e alle lotte tra flebo e diagnosi impreviste, loro, che le parole le contano e se ne concedono poche, raccontano. Un racconto maschile che parla delle donne eroiche di una volta, mica come ora. I cugini più giovani (maschi) sospirano e rimpiangono, e gli zii rimpiangono e sospirano. Nessuna delle donne al tavolo ha mai annuito negli anni. Si scambiano sguardi furtivi e nascostamente alzano gli occhi al cielo. Io mi sento in colpa perché, anche se amo quel mondo che ho solo sfiorato, l’alba la vedo solo se non sono ancora andata a dormire, solo con lo straniero che guida tra i tornanti verso una spiaggia dove si può surfare. Io benedico la sveglia alle nove e la città fuori dal balcone. E ieri l’ho detto. Ho detto, solenne: «Io mi sveglio presto solo per andare al circolo del tennis». Ah! Generazioni in silenzio. «Poi torno a casa, faccio il caffè e mi metto a scrivere. La sera al solito locale. Tiro tardi, leggo, passeggio, discuto, sento intorno a me la possibilità. Sento il mare, il teatro, i negozi, il parco, la libreria. E no, le zucchine ripiene non le faccio buone come nonna. E si, il formaggio di mio cugino mi sembra un miracolo. Ma io i miracoli non li so fare. Io so mescolare il gin Bombay (al massimo il Gordon) con l’acqua tonica, e aggiungere ghiaccio e lime. Fatevene una ragione». Ieri l’ho detto, ma proprio a voce alta, non mugugnando tra me e me come facevo da adolescente. Mi sono dimentica di dire che secondo me anche a mia nonna sarebbe piaciuto un gin al fresco, dopo una giornata di mare, se glielo avessero chiesto. E pazienza per le zucchine ripiene.

Eva Garau (Precaria di Aristan)

“Capita per le grandi occasioni, liete o tragiche. Una volta era il natale, quando il matriarcato stabiliva i tempi dei discorsi e delle cotture e i vapori della cucina accompagnavano le memorie.” Da PAZIENZA PER LE ZUCCHINE RIPIENE – Editoriale di Eva Garau (Precaria di Aristan)

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