Il nastro azzurro si espone per un lieto evento. A Ulassai, paese natale di Maria Lai, è il simbolo del ricordo di un evento del 1861, quando un costone della montagna, staccatosi all’improvviso, travolse una casa della parte più alta dell’abitato, uccidendo tre bambine, mentre una quarta, con in mano un nastro del colore del cielo, riuscì miracolosamente a salvarsi.
120 anni dopo Ulassai era un paese tormentato, scosso da rivalità e tensioni interne che ne facevano un aggregato di edifici ma non un insieme sociale coeso. Maria ripescò dalla memoria collettiva l’immagine della bambina miracolata, associò la sua salvezza al nastro che stringeva tra le dita e fece, di quello stesso nastro, il simbolo della redenzione e della rinascita del suo borgo natale. L’8 settembre del 1981, con una performance memorabile, collegò con circa 27 km di nastri di stoffa celeste ogni casa all’altra di Ulassai, in un vivace e fitto gioco di costruzione di legami e interazioni, grazie al quale si ebbe l’immagine, visualizzata in modo indelebile, di uno spazio delle relazioni tra le diverse abitazioni e tra tutti coloro che ci vivevano.
Grazie a questo legame simbolico il paese cessò di essere soltanto uno spazio fisico, fatto di dettagli e di misure, per diventare un luogo, la sede di una comunità, che è un insieme di nessi e di rapporti aventi a che fare con l’appartenere a una terra e con l’appartenersi reciprocamente. Così, con questo semplice e geniale gesto artistico, celebrò, col nastro celeste, la nascita dell’identità di questo luogo, diventato almeno per un giorno comunità.
Silvano Tagliagambe
(Epistemeudomonologo di Aristan)
COGLI L’ATTIMO
da Inventata da un Dio distratto (1999 – 2001) di Nico Di Tarsia e Marilisa Piga