Molti studenti, messi in contatto con le procedure di traduzione dei testi biblici, restano perplessi. E non dico niente di ciò che può succedere, o è successo, se in un’omelia si ricorda che Gesù non parlava né l’italiano del 1971 né quello del 2008, date delle traduzioni approvate per la liturgia.
Più sovente di quanto si pensi, studenti e fedeli si immaginano la loro “bibbia” come una specie di registrazione in diretta di un “Dio senza filtri”. Invece i filtri ci sono, a partire da quello dei traduttori.
E quando la traduzione arriva a dire una cosa diversa o perfino contraria rispetto al testo originale,
la perplessità diventa sconcerto, soprattutto per un credente cresciuto a forza di “Dio dice”.
I filtri? Scomparsi.
Un esempio. Nella cosiddetta nuova traduzione per la liturgia oggi i fedeli ascoltano: «Chi non accoglie il regno di Dio come ‘lo accoglie’ un bambino non entrerà in esso».
Tuttavia, gli anni scorsi la stessa frase (Mc 10,15) suonava simile solo in apparenza: «Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso».
Ho fatto una piccola inchiesta: nessuno si era accorto della differenza. E chi legge, potrà includersi da solo nella lista di chi si è o non si è accorto. Ciò che può anche significare che il testo scritto, in qualsiasi traduzione ci arrivi, non arriva a incidere su ciò che abbiamo già in testa.
Eppure, l’aggiunta ‘lo accoglie’ (questa espressione non c’è nel testo greco) trasforma il bambino da oggetto di accoglienza a soggetto di accoglienza, cosa del tutto contraria al contesto evangelico, dove i bambini, “ultimi” nella società ambiente, sono scacciati dai discepoli, mentre Gesù li accoglie appunto come “ultimi”, perché «a chi è come loro appartiene il regno di Dio».
Conclusione: nella nuova traduzione ufficiale ha prevalso il filtro, invisibile ma reale, di chi vuole sempre farci la morale dei “buoni sentimenti”, immaginando nel bambino qualità virtuose da imitare. Ciò che può fare certamente bene, se quelle virtù immaginarie nel bambino diventano reali negli adulti. Ma è una morale umana per cui non era necessario un Verbo Incarnato e morto in croce
E continuo a chiedermi, Signore:
perché la tua buona notizia per gli ultimi
diventa sempre morale
per quelli che vogliono essere primi?
Dammi la grazia, Signore, di non credere
in un dio di contrabbando senza filtri.
Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)
https://youtu.be/PCIcWhYzUeQ
quando la traduzione arriva a dire una cosa diversa o perfino contraria rispetto al testo originale,
la perplessità diventa sconcerto, soprattutto per un credente cresciuto a forza di “Dio dice”. (da Salmo 225 DAMMI LA GRAZIA, SIGNORE, DI NON CREDERE IN UN DIO DI CONTRABBANDO – Editoriale di Antonio Pinna)