Non è il caso di scandalizzarsi se i politici nell’ultima settimana di campagna elettorale si infamano a vicenda. Casomai dispiace il livello assai modesto degli insulti: cialtrone, bugiardo, cattivo sono attacchi light, carenti sul piano della fantasia e linguisticamente da Asilo Mariuccia. Dovrebbero imparare a offendersi dai poeti: pare che Montale, Ungaretti e Quasimodo, che in pubblico si scambiavano salamelecchi reciproci, in privato si scatenassero con epiteti da osteria assai fantasiosi. Giacomo Leopardi, che odiava Niccolò Tommaseo, era solito alzarsi dalla sedia massaggiandosi i glutei e dicendo “Mi dolgono i tommasei”. Le inimicizie fra letterati prevedono un repertorio di fulminanti giudizi al vetriolo, come quelli di Saint-Exupery su Luigi Pirandello (“Metafisica da portinaia”), di Jorge Luis Borges su Guy de Maupassant (“Morì pazzo ma era nato cretino”), di William Faulkner su Henry James (“Una delle più simpatiche vecchiette che abbia mai conosciuto”), di Friedrich Nietzsche su Dante Alighieri (“Una iena che scrive poesie tra le tombe”). Ma anche nel mondo dell’arte la ferocia si sublima nello spasso: così per Gabriele D’Annunzio, Filippo Tommaso Marinetti era un “fesso fosforescente” e per Ettore Petrolini “un idiota con degli sprazzi di imbecillità”, mentre il critico Robert Hughes stroncò lapidario l’opera di Jeff Koons: “il metano che resta negli intestini di una vacca morta”.
Fabio Canessa
(preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan)
COGLI L’ATTIMO
da Tre uomini e una gamba (19979 diretto da Aldo, Giovanni & Giacomo e Massimo Venier