Siamo disposti a riconoscere la gravità di una tragedia e a conservarne traccia nella memoria solo se ci ha toccato personalmente. Quando morire è troppo facile, troppi morti ci lasciano indifferenti, sono un indistinto rumore di fondo, scompaiono. Riusciamo a piangere esclusivamente i nostri defunti. Lo ha candidamente ammesso pochi giorni fa riferendosi al COVID-19 un celebrato cantante – peraltro già colpito dallo stesso male- e a poco sono valse le sue smentite, le dichiarazioni di fraintendimento o quelle di pentimento. Per quanto riguarda la gratitudine valgono considerazioni analoghe a quelle della compassione: il troppo è invisibile. Si pensi al paradosso della medicina preventiva: una campagna vaccinale salva un numero enorme di vite ma nessuno ci fa caso, restano sullo sfondo. Al contrario un chirurgo che esegue un complicatissimo intervento senza che nemmeno se ne intravveda l’utilità per la vita del paziente -pura esercitazione accademica- acquista gloria immortale. Nel primo caso ci si ricorda non di tutti quelli che non si sono ammalati, ma dell’unico sfigato tra milioni di vaccinati che ha avuto effetti collaterali. Ne vengono diffusi nome e cognome, sfilano cortei di madri che piangono, i no-vax imbufaliti recitano il loro rosario. Nel secondo caso basterà ricordare l’ampio spazio che i media hanno dato alla recentissima scomparsa negli USA di Connie Culp. Nel 2008 con un intervento entrato nella storia della chirurgia per la sua complessità le fu trapiantata l’intera faccia di una donna morta. Ecco, dimenticheremo in fretta i morti che ha fatto il COVID-19, ma non Connie Culp e i chirurghi che la operarono, nonostante si possa vivere ed essere felici anche con il viso orribilmente deturpato.
Marco Schintu (Ufficio pesi e misure di Aristan)
Nel 2008 con un intervento entrato nella storia della chirurgia per la sua complessità le fu trapiantata l’intera faccia di una donna morta. Ecco, dimenticheremo in fretta i morti che ha fatto il COVID-19, ma non Connie Culp e i chirurghi che la operarono, nonostante si possa vivere ed essere felici anche con il viso orribilmente deturpato.” Da TROPPO – Editoriale di Marco Schintu (Ufficio pesi e misure di Aristan)