Chi si prendesse la briga di verificare se le vongole che gli vengono servite al ristorante siano effettivamente “veraci” (Venerupis decussata), scoprirebbe che nella stragrande maggioranza dei casi quelle bestiole di verace non hanno proprio niente: se non hanno le antenne lunghe e separate si tratta di specie meno pregiate. Ma tant’è, tutti fanno finta di crederci. L’aggettivo “verace” sul menù ha la stessa funzione del polpo di Achille Campanile, sbatacchiato su un parapetto di pietra all’entrata di un ristorante sul mare per dimostrare agli avventori che è fresco, rigettato in una vasca ancora vivo e ripescato all’occorrenza per essere sbatacchiato di nuovo sul parapetto di pietra. Dal “Lupo di mare 2.0”, un ristorante all’avanguardia nel turlupinare i clienti, ho assaggiato gli spaghetti alle vongole conditi con pomodorini di campo, tutto rigorosamente verace e biologico: il paradiso dello scettico. Le vongole erano di allevamento e i pomodorini sapevano di tacchino. La mistura, inutile dirlo, mi ha intossicato. Mi sono fatto sentire, ma il conto alla fine è stato, quello sì, verace.
Tony Cinquetti
(Etica gastronomica)
COGLI L’ATTIMO
Ostrica che vongola! – Testo e musica Bruno Orlando