VINCENZO SULIS, CHE VISSE SUL MARE SENZA MAI VEDERLO


Editoriale del 13 aprile 2025

Vincenzo Sulis, raccontando la sua storia, scrisse la mia biografia  in dieci anni, dal 1820 al 1834, che rimase inedita sino al 1 aprile del 1964, giorno in cui io nacqui.

Fra me e lui c’è qualche differenza.

Non troppe, però.

Venne alla luce a Cagliari, e io in Barbagia, da padre però di Nuoro il 20 ottobre del 1758 e riuscì a seguire gli studi superiori nella regia università. Ma il suo spirito indomito lo spinse a combattere contro gli odiati Savoia, organizzando squadre di briganti che misero a ferro e fuoco il sud dell’Isola.

Arrestato, in carcere si laureò e ottenne il perdono giudiziale grazie al quale poté mettere a frutto i suoi studi diventando il più importante notaio dell’Isola.

L’arrivo della flotta francese nella spiaggia del Margine Rosso a Quartu nel 1793 risvegliò in lui l’ardore della lotta e, organizzate le brigate nuoresi delle quali si mise a capo, riuscì a rispedire in mare l’esercito napoleonico grazie a quel suo dono innato della strategia militare che si fondeva con un coraggio senza pari.

Perso il Piemonte, il re Carlo Emanuele IV si rifugiò a Cagliari e volle conoscere questo eroe che divenne il suo più fidato collaboratore,

Grazie al suo importante ruolo, Vincenzo Sulis riuscì a convincere il regnante a cambiare le sorti della disastrata Sardegna contrattando per la nostra isola un futuro radioso ma ciò creò preoccupazione e soprattutto invidia da parte dei miserabili feudatari che ordirono contro di lui una congiura facendolo processare per alto tradimento

Vittima di ruffiani e infami – e qui io e lui condividiamo la stessa storia – fu sottoposto a un ridicolo giudizio al termine del quale, grazie a prove false, fu condannato al carcere a vita e tenuto prima nella torre dell’Aquila nel capoluogo per circa 10 anni e poi per altri 20 nella torre che da lui prende il nome ad Alghero.

In seguito a una gravissima malattia riuscì ad essere ricovrato in ospedale da dove evase per rifugiarsi in Corsica ma il re ordinò l’arresto di tutti i suoi familiari.

In cambio della loro liberazione si costituì facendo rientro nella torre nella quale restò sino al 1820 desiderando di vedere il mare senza mai essere però accontentato, avendo la torre una sola finestrella a 4 metri dal pavimento.

Esattamente 30 anni di prigionia sino a una inaspettata grazia concessagli però al domicilio coatto nell’esilio dell’Isola di La Maddalena. Quando fu liberato aveva 62 anni, ed era ingobbito dalle catene alle quali per 30 anni visse legato senza avere nessuna colpa.

L’eroe sfortunato conobbe casualmente Pasquale Tola, allora giudice, che sbarcò a La Maddalena in seguito a un fortunale e incontrò questo gigante trasformato in uno straccio da carcere e malattia e, affascinato dalla sua storia, lo convinse a scrivere la sua meravigliosa autobiografia, rimasta inedita sino al 1964.

La tengo sempre sul mio comodino e ogni giorno ne leggo una riga. Il volumetto – che mi venne donato 40 anni fa da Michele Columbu – è ormai consunto dalle troppe letture.

Rispetto a lui ho qualche moderno vantaggio.

Mi imbottisco di fentalyn per superare i dolori che rodono il mio corpo e quindi riesco anche ad alzarmi in piedi.

Quando in inverno sono a Cagliari, mi avvolgo di notte in una coperta, esco fuori in terrazzo e, seduto in poltrona, vedo il mare appena rischiarato dalle luci delle navi in rada

Mi commuovo per tanta bellezza stringendo fra le mani  le pagine con la sua e mia storia.

Gli invasori sono ovunque.

Siamo noi stessi sardi.

Respiro a pieni polmoni cercando nel buio spirituale un anelito di libertà.

Antonangelo Liori (Pastore di Aristan)

“In cambio della loro liberazione si costituì facendo rientro nella torre nella quale restò sino al 1820 desiderando di vedere il mare” Da VINCENZO SULIS, CHE VISSE SUL MARE SENZA MAI VEDERLO – Editoriale di Antonangelo Liori (Pastore di Aristan)

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