007


Editoriale del 6 novembre 2012

Ogni epoca ha il suo eroe e l’agente speciale 007 non è della nostra. Lo stile elegante di un ammazzasette olimpico, caratterizzato dal distacco e dall’ironia con cui riemergeva dalle imprese più rocambolesche con un bicchiere di Martini in una mano e una bellissima fanciulla nuda nell’altra, fanno parte di un mondo che prevedeva come orizzonti di felicità una sicurezza del presente e una fiducia nel futuro ahimé lontanissime. Oggi, nel bellissimo “Skyfall” di Sam Mendes, James Bond muore e risorge, festeggiando i 50 anni della saga con un film d’autore sofisticato e popolare di eccellente qualità, che è insieme un omaggio a 007 e una riflessione profonda e articolata sui possibili sviluppi futuri di un personaggio legato storicamente al passato dello spionaggio da guerra fredda (e nel nuovo film, i servizi segreti britannici finiscono in tribunale, come Fiorito, er Batman de noantri). Anziché rottamarlo, conviene aggiornarlo all’epoca dell’informatica e di un nemico sfuggente e interno (la difesa di M di fronte al ministro riecheggia quasi il geniale film francese “Louis-Michel”, dove si vorrebbe uccidere il padrone ma non si sa più chi è). Serbando l’anima spettacolare del prototipo, ma umanizzata e postmodernizzata, la spia più famosa d’Inghilterra ha l’aspetto sofferto di Daniel Craig, che ha sostituito l’aplomb anni Sessanta di Sean Connery: per essere credibile, l’eroe del 2012 deve trovarsi nella merda fino al collo come tutti noi. La bottiglia di Heineken ha preso il posto del Martini e, alla National Gallery, 007 contempla il suo pendant pittorico: un quadro di Turner che mostra una vecchia nave gloriosa condotta allo sfascio. La sua casa esplode, insieme all’Aston Martin, ma il mito ne esce irrobustito. Da tesi di laurea.

Fabio Canessa

COGLI L’ATTIMO

 

da Agente 007 – Missione Goldfinger (1964) regia di Guy Hamilton con Sean Connery, Honor Blackman, Gert Fröbe, Shirley Eaton

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