Centomila domande sugli sviluppi dell’epidemia di Covid-19 vengono inutilmente poste a una pletora di esperti di qualsiasi natura che affollano giornali e studi televisivi. Secondo una mia personale statistica mancano da interpellare solo due categorie di saggi: gli astrologi e i meteorologi. Dei primi si dice che siano spariti per sempre, dopo la pessima figura rimediata con l’oroscopo del 2020 (“sarà un anno bello e prosperoso…”). I secondi invece sono stati ingiustamente trascurati: i modelli matematici che utilizzano per decidere se pioverà o meno hanno infatti molte analogie con quelli che gli epidemiologi utilizzano per cercare di prevedere la diffusione delle malattie. Alla fine i risultati portano infatti gli esperti a consigliare soluzioni simili: piove? Apri l’ombrello. C’è in giro il coronavirus? Chiuditi in casa. E siccome è difficile calcolare persino l’indice che permette di stimare la velocità alla quale la malattia si diffonde tra la popolazione, sindaci e presidenti di regione hanno trovato il modo di farne da soli una stima abborracciata e la utilizzano come un feticcio, per decidere se il barista o il parrucchiere possono lavorare. Ne parlano come se avessero misurato quell’indice col termometro che si sono appena sfilati da sotto l’ascella, con la stessa attendibilità di un astrologo o di un contemplatore di nuvole.
Marco Schintu
(ufficio pesi e misure di Aristan)
Si dice che siano spariti per sempre, dopo la pessima figura rimediata con le previsioni per il 2020 (“sarà un anno bello e prosperoso…”) – da COVID-19: LE PREVISIONI DEGLI ESPERTI – Editoriale di Marco Schintu