DA UNO A DIECI


Editoriale del 4 dicembre 2012

Da bambino non ho mai sopportato quelli che volevano alterare le regole del gioco. Se io conto a nascondino e poi ti vedo mentre tenti disperatamente di trovare un rifugio, ti chiamo e tu hai perso, perciò tocca a te stare alla conta. E’ inutile che mi implori di ricominciare la conta perché non hai avuto abbastanza tempo. Se te la do vinta, smetto di giocare perché non mi diverto più. Figurati se da grande ho la pazienza di ascoltare gli studenti che protestano perché li interrogo quando sono impreparati e mendicano miserabili una giustificazione. Il divertimento di insegnare sta anche nella valutazione, che dovrebbe andare dall’1 al 10, e che troppo spesso, per pigrizia, quieto vivere e una malintesa generosità, va dal 4 all’8, e, nel peggiore dei casi, parte dal 6. Togliendo emozione e vitalità all’avventura della scuola. Un insegnante che spiega bene ma non dà mai insufficienze è assai più nocivo di uno che spiega poco o male ma è rigoroso nella valutazione. Perché quest’ultimo costringe a studiare e, alla lunga, lascerà un ricordo migliore negli alunni. L’altro, spesso a sua insaputa, comunicherà solo sfilacciamento e mancanza di nerbo. Non c’è sintesi migliore di quella di un aforisma di Karl Kraus: “La scuola senza voti deve averla inventata uno che si ubriacava con gli analcolici”.

Fabio Canessa

COGLI L’ATTIMO

 

da La scuola (1995) di Daniele Luchetti con Silvio Orlando, Anna Galiena, Fabrizio Bentivoglio

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