ECCO IL RACCONTO MAGNIFICO SCRITTO DAL VERTIGINOSO ALBO VALDES* DELLA LA TERZA LEZIONE DELL’UNIVERSITÀ DI ARISTAN “TU-TUM, DAL BATTITO DEL CUORE ALL’ARMONIA DELL’UNIVERSO” TENUTA DA FRANCESCO CASU, GAVINO MURGIA E FILIPPO MARTINEZ.

* Trovate i suoi dialoghi con Antonangelo Liori ogni domenica sui social dell’Università di Aristan

Martinez ha firmato la sua condanna. Il Magnifico Rettore dell’università di Aristan stavolta l’ha combinata grossa. Ma davvero pensava di uscirne impunito dalla lezione numero 3? Tra le mura di quel non luogo a procedere, l’aula magna del seminario arcivescovile di Cagliari, proprio lui non poteva non sapere. Non poteva ignorare la dannazione di Prometeo, incatenato per diecimila anni mentre la mostruosa aquila del Caucaso gli squarcia il corpo e dilania il suo fegato. E tutto perché aveva osato aiutare l’umanità.

CASTIGO L’irriverente “Rapitore” – <crasi di regista, pittore, scrittore> – ma anche Francesco Casu, il narratore che umanizza le tecnologie; e l’esploratore di note e suoni Gavino Murgia, non sono Titani. E non appartengono alle sfere del cielo. Sono piccole esistenze mortali con i piedi poggiati su un granello di polvere sperduto nello spazio planetario. Per di più non hanno commesso un semplice, seppur prezioso, furtarello. No, no. Sono andati oltre ogni accettabile misura, al di là delle dimensioni: hanno ucciso la Morte e con lei l’atavica sottomissione dell’uomo al suo terrore. Quei tre dannati l’hanno guardata negli occhi, la Morte, e l’hanno messa a nudo dandole del Tu. Che non è il pronome, è la prima nota del cuore. Incommensurabile Tu-tum. La lectio per la Magistrale in Scienze della Felicità ha svelato alla razza umana che la Donna Scura si sgretola davanti alla musicalità cardiaca dell’Universo. I tre accademici, massimi esperti di teorie e tecniche di salvezza dell’Umanità, hanno dimostrato che tutto l’esistente è online. Vive e si trasforma. Rivive e muta ancora. Si alimenta ed è cibo a sua volta. E in ogni segmento si sfama di un’ostia d’eternità. Ignorare questa circolarità dove l’infinitamente grande e infinitamente piccolo si toccano, significa ridare voce e potere al Nulla, ciò che non esiste. La Morte muore, dunque: ecco il dono segreto e proibito dato agli uomini da Aristan. Una rivelazione di eternità. Madame Morte, confidenzialmente chiamata da Leopardi, impazzisce nelle vocalità ancestrali di Gavino Murgia. Quella musica delle galassie fa pensare a improbabili riti sciamanici, mentre è la voce profonda del granito millenario, quella stessa creata e ricercata dall’imperturbabile saxofonista. Sì, quella lezione ha fatto saltare le catene di Prometeo. Da questa data storica, 16 gennaio 2025, l’immortalità ritorna all’umano e nulla sarà più come prima. Perché ora nessuno, sacerdoti o ministri impolverati del passato, può celebrare i riti della paura. Siamo materia in perenne circolo e dunque eterna.

POTENZE DI 10. Dalla lontanissima periferia dell’universo conosciuto, tra galassie e mondi sterminati, al cuore dell’atomo di carbonio di cui siamo fatti. Uno spettacolo grandiosamente bello raccontato in 8,5 minuti di immagini dal fisico Philip Morrison alla fine degli anni Settanta. Da un picnic in un giardino sino ai confini dello spazio e poi il rientro verso l’invisibile realtà dentro la materia. Lo ha fatto suo Martinez ricreando un viaggio alla ricerca dell’infinitamente grande. E poi in caduta, precipitosa, verso il minuscolo intuendo l’assoluta identità degli estremi. <Due opposti che si toccano. Una scoperta sconvolgente, un corto circuito tra il macro e il micro cosmo. Lo spazio è annichilito e non esiste neppure il tempo perché tutto è un unico respiro. Dentro ciascuno di noi vive un universo di cellule e atomi, identico agli insiemi galattici ai confini dell’Universo. Una sola anima. Chi siamo, dunque? Siamo tutto, siamo una molteplicità simbiotica>, rivela il Rettore. Ecco, una sterminata molteplicità di esistenze in un battito. In una goccia di Oceano. Nel dettaglio microscopico è racchiuso l’infinito. Ed è così che il tutto è meravigliosamente al latere. Nell’arte, nella vita, nella materia, il secondario ha Potenze di 10. Tanti nell’evoluzione dell’umano sapere hanno percorso queste strade con esiti e livelli d’arte di sublime bellezza e profondità. Ma stavolta l’intuizione della Scuola di Aristan ha squarciato il velo dell’apparente invisibile. Basta guardare dove nessun occhio ha mai visto. Camminare dove nessuna orma è passata. Conoscere i pensieri secondi. Le esistenze lasciate ai margini perché ritenute di seconda o terza fila. La vita invisibile è davvero stupenda.    

SECOLI FA Anno 1763. Immanuel Kant ci andò molto vicino. Raccontò il suo sgomento e l’impotenza della parola davanti alle visioni microscopiche: le dimensioni delle cose e ciò che siamo. Dice il grande Kant:  <Quando, fra le altre, esamino le osservazioni microscopiche del dott. Hill, che si trovano nell’«Hamburger Magazin», e vedo in un’unica goccia d’acqua numerose razze di animali, specie rapaci armate di istrumenti di distruzione, che, mentre sono intente a perseguitare altre, sono distrutte da ancor più potenti tiranni di questo mondo acqueo; quando guardo gli intrighi, la potenza e le scene di ribellione in una sola goccia di materia, e levo di qui i miei occhi in alto per vedere l’immenso spazio formicolare di mondi come di atomi, non può umana lingua esprimere il sentimento che tale idea suscita, ed ogni sottile analisi metafisica resta molto lontana dalla sublimità e dignità che è propria di tale intuizione>. Madame Morte avrebbe ricevuto poco dopo un mirabile sfregio sul volto dalla sua stretta parente Moda, come ci racconta Leopardi. Le due protagoniste di uno dei dialoghi meno noti ma di una lucidità disarmante, sono sorelle, figlie devote di una stessa madre: la Caducità. E ancora un secolo prima di Kant, Sancho di Cervantes implora, in lacrime, il suo signore di resistere alla morte, respingerla ancora una volta con le sue visioni folli: <Non muoia, signor padrone, non muoia: accetti il mio consiglio e viva molti anni; perché la maggior pazzia che possa fare un uomo in questa vita è quella di lasciarsi morire così senza motivo, senza che nessuno lo ammazzi, così sfinito dai dispiaceri e dall’avvilimento>. E il momento più alto di tutti i non-eroi. Quella stessa voglia di gloria vitale che rende felice, salvo e grande Brancaleone di Monicelli: <Vieni Morte, bella Morte piglia anco me. Orsù che indugi, io t’invoco. Tu non mi spauri>. Spesso, basta cambiare osservatorio. Fuggire dal centro e percorrere quanto è ancora sconosciuto. Sì, ai margini c’è l’infinito. Nei resti c’è sempre il trionfo della vita. Salvifiche sono le immagini straordinarie che il regista, scenografo multimediale Casu ha collegato senza un copione ai suoni e alla voce,  <all’incantesimo della voce>, di Murgia. Una performance che parte dal battito del cuore.

AMBARABA’ CICCI’ COCO’ Aristan segna un lungo cammino verso la liberazione dal buio. La circolarità di una filastrocca è capace di fare più danni di quanto abbia potuto la Teodicea ortodossa di Pavel Florenskij ai totalitarismi di ogni tempo e di ogni spazio. Forse non tutto era stato scritto e detto. La complessa lezione dei tre docenti ha dato gli ultimi tocchi cromatici alla tela dell’eternità umana. Come chirurghi sono entrati nella forza delle parole. Non c’è religione che tenga, c’è qualcosa di più grande. C’è l’amore per gli esseri umani. Come ha svelato pubblicamente il Rettore: <Nel 2008, in sette minuti terrestri ho raccontato l’umanità all’Assemblea degli Universi, un vertice cosmico con tutti i mondi raccolti che si riunisce ogni 400 anni>. Ecco cosa il Magnifico ha descritto. Fulminante l’attacco: <Ambarabà Ciccì Cocò. Tre civette sul comò, che facevano l’amore con la figlia del dottore. Ma il dottore si ammalò. Ambarabà, Ciccì e Cocò. Questa è una filastrocca>. Gli astanti sgomenti. Spiazzati. Poi rivolto ai rappresentanti dei Mondi, aggiunge: <Pochi di voi, credo, conoscono il significato della parola filastrocca. Forse nessuno>. E’ il trionfo della marginalità. <Le filastrocche non prevedono domande. Sono un insieme di suoni allegri che spesso suggeriscono immagini senza senso. Noi umani siamo fatti così: possiamo inventarci le filastrocche>. E mentre in quel consesso si respirano le grandezze e i protagonismi, il rappresentante degli umani rilancia la forza del mistero. E rafforza la necessità dell’assenza, dell’inspiegabile: <Noi umani sogniamo. Noi scriviamo lettere che talvolta non spediamo. Noi, sappiamo giocare. Noi, sappiamo comporre una messa da requiem per coro e orchestra. Confutatis maledictis>. Già. <Noi umani abbiamo il mare>. Infine il colpo fatale alla Morte. <Può anche capitare, talvolta, che noi umani ci fermiamo sotto la pioggia, senza ombrello. Poi chiudiamo gli occhi e ci perdiamo. Diventiamo la pioggia. Siamo gli umani, voi no>. Ambarabà Ciccì Cocò. A questo punto l’ira degli dei è compiuta. Voi, docenti, avete regalato all’uomo il dono dell’immortalità. Ma siete andati troppo vicini al Sole, ben consapevoli che la cera delle vostre ali non avrebbe retto. Voca me. Voca me cum benedictis. Voca eos.

Tempo di lettura: la vita di un coriandolo sulla terra del Carnevale, con gli occhi e la voce del poeta Peppetto Pau    

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