MORTE E RESURREZIONE


Editoriale del 29 gennaio 2025

C’è qualcosa che acquista senso nel momento in cui muore? Si, sono le metafore: quando nascono e sono vive sono figlie ribelli del linguaggio, ne violano le regole e i significati codificati per introdurre orizzonti di senso del tutto inediti e rivoluzionari, violano le regole linguistiche fino a quel momento condivise e per questo costituiscono una frattura, un tradimento della teoria del significato che proprio per questo fa fatica a essere ospitato e accettato all’interno della lingua. Poi, piano piano, si diffondono, perdono ogni carica eversiva e muoiono per diventare senso comune e venire usate abitualmente: il loro significato si è ormai affermato e viene compreso da tutti.

Pensiamo alla carica eversiva del titolo del terzo romanzo di Carlo Levi, pubblicato nel 1955 dopo “Cristo si è fermato a Eboli e Paura della libertà: Le parole sono pietre”, metafora che esprime l’essenza di un sentimento indicibile, il simbolo della coscienza umana dove le lacrime non sono più tali ma parole, e le parole sono pietre scagliate nell’aula del tribunale di Palermo da una madre siciliana che sfida Cosa nostra, la legge del feudo e la complicità del potere tradizionale. Questo condensato di dolore, rabbia, ribellione, denuncia viene espresso per la prima volta e in modo che più vivo non si può da un accostamento inedito tra le parole e le pietre. Oggi questa straordinaria e poderosa immagine è diventata il malinconico senso comune dei social dove spesso, anziché confrontarsi civilmente e rispettandosi a vicenda, si usa il linguaggio per offendere, ferire, minacciare, fare del male all’altro. Tragica sorte di una metafora che oggi è morta come esplosione di creatività ed è risorta come abitudine, di cui Sully Prudhomme, un poeta francese della seconda metà dell’Ottocento, dice, melanconicamente, “che è una estranea che soppianta in noi la ragione, è una vecchia massaia che s’installa nella nostra casa” e spadroneggia, rendendoci schiavi, aggiungo io.

Silvano Tagliagambe (Cronista filosofico di Aristan)

“C’è qualcosa che acquista senso nel momento in cui muore?” Da MORTE E RESURREZIONE – Editoriale di Silvano Tagliagambe (Cronista filosofico di Aristan)

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