GIUSEPPE BIASI, UCCISO DALLA CALUNNIA


Editoriale del 6 aprile 2025

Ascolto il concerto numero 4 in do minore per archi di Baldassarre Galuppi mentre guardo incantato quel capolavoro che è “Mattino in un villaggio sardo”, dipinto da Giuseppe Biasi, uno dei più grandi pittori italiani. Era nato a Sassari il 23 ottobre del 1885 e il suo genio fu scevro da ogni condizionamento politico o ideologico.

Ho appena finito di scrivere l’ultima riga del libro sulla sua terribile morte.

Un killler, pare partigiano, lo lapidò disintegrandogli la testa con una pietra legata a un una cinta di cuoio nella patria di Pietra Micca, accanto a Biella, il 20 maggio del 1945.

I partigiani ricevettero una lettera anonima spedita da Cagliari da un pittoruccolo invidioso del suo genio nella quale lo definisce collaboratore dei nazisti.

Non era vero.

Giuseppe Biasi niente sapeva di politica.

Amava solo dipingere e li doveva affrescare alcune cappelle del santuario di Oropa, realizzato dal cagliaritano Sant’Eusebio vescovo di   Vercelli ed evangelizzatore del Piemonte.

Biasi fu arrestato, ignorando il perché, a guerra finita.

Il camion che lo trasportava da una prigione all’altra fu fermato da un becero figuro che si professava partigiano anche lui.

Costui in breve tempo realizzò il suo congegno di morte e uccise l’artista eccelso spaccandogli la testa con più di trenta colpi di pietra.

Poi andò al bar per festeggiare, con un bicchiere di vino, questo scempio.

Guardo il quadro.

Nel concerto numero 4, Baldassarre Galuppi immagina di cogliere per la sua amata un mazzetto di fiori di campo. Ma ogni volta che si chinava sulla terra per reciderne i gambi veniva fermato dalla bellezza del prato profumato e gli mancava il coraggio.

Avesse visto le opere della sua vittima, il killer non avrebbe armato la sua mano ma si sarebbe inginocchiato per ringraziare Dio d’aver mandato sulla terra un artista così sublime.

E sento il salterio.

E vedo quella testa schiacciata sul selciato del paese di Pietro Micca.

E penso alla malvagità dei peggiori.

Ho inghiottito nella mia vita le lacrime più amare cercando di trasformare in gratitudine il rancore.

Lascio nel prato quei fiori meravigliosi: non mi basta il cuore per reciderli. Sarei certamente un pessimo giudice.

E sento il salterio.

E il violino.

E la mia rabbia muta che si trasforma in gratitudine.

Ho cercato invano il loculo di Biasi nel cimitero di Adorno Micca.

E ho sentito solo una nota risuonare nel deserto del cuore.

Il do minore scivola fra gli archi.

Antonangelo Liori (Pastore di Aristan)

“Ascolto il concerto numero 4 in do minore per archi di Baldassarre Galuppi mentre guardo incantato quel capolavoro che è “Mattino in un villaggio sardo”, dipinto da Giuseppe Biasi, uno dei più grandi pittori italiani.” Da GIUSEPPE BIASI, UCCISO DALLA CALUNNIA – Editoriale di Antonangelo Liori (Pastore di Aristan)

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