Lattine di aranciata che crescono sugli alberi, tonni in scatola amici dei delfini, orsi bianchi e ghiacci su qualsiasi sfondo. Col termine “greenwashing” s’intende qualsiasi tentativo di modificare la percezione del consumatore spacciando per ecocompatibili, ecosostenibili, amici dell’ambiente, cento per cento naturali e via discorrendo prodotti che non lo sono. Termini vaghi, mancanza di prove, si esagera: le sanzioni, sempre che arrivino, saranno sempre poca roba in confronto ai vantaggi ottenuti turlupinando i clienti. Tutto ciò che si vende è saluberrimo per l’aria, per l’ambiente, per la salvezza dello spirito: dalle acque minerali ai detersivi, dalla carta igienica ai sacchetti di plastica spacciati per biodegradabili anche se impiegano dodici anni per scomparire. Chi compra ci crede. Greenwashing, alimenti e salute sono strettamente collegati. Eventi sportivi trasplanetari, fiere ed esposizioni universali, forniscono l’occasione per un lifting della coscienza. Prendete ad esempio l’Expo di Milano. Sono in molti a chiedersi cosa c’entrino sponsor come Coca Cola, MacDonalds e Ferrero con la nutrizione del pianeta. Quanti miliardi di obesi e di diabetici si propongono di salvare? Negli ultimi decenni importanti campagne contro il fumo di sigaretta sono state finanziate dagli stessi produttori di tabacco. Ma perché vedere sempre tutto nero. Non è forse vero che il fumo salva milioni di vite?
Tony Cinquetti
(Etica gastronomica)
COGLI L’ATTIMO
da Tryo – Greenwashing