Quell’anno mio padre si era messo in testa di partecipare alla tradizionale giostra equestre di Aristan. Ora, lui non era mai andato a cavallo; considerate inoltre l’età veneranda e le dimensioni assunte dal suo corpo (come un bimbo di quattro o cinque anni); aggiungete che, oltre che quasi afono, era cieco e che nel corso della giostra avrebbe dovuto infilzare con la spada un piccolo anello appeso a un nastro. Comunque, volle partecipare alle selezioni e naturalmente fu bocciato. Con sua grande invidia fu invece ammesso, addirittura come capo corsa, Giacomo (ricordate? Sì, il suo ultimo figlio, che allora aveva cinque anni e che gli somigliava tanto da sembrarne il gemello). Si dimostrò talmente abile nelle evoluzioni equestri e nel centrare l’anello che, nonostante la giovanissima età, la giuria dovette nominarlo.
Il giorno della giostra, atteso con trepidazione da tutta Aristan, Giacomo si sottopose al rito della vestizione; sembrava un po’ assente, ma lo attribuii all’emozione. Quando dovette montare a cavallo, mancò l’appoggio alla staffa e per un pelo non cadde a terra; a quel punto ebbi un terribile sospetto. Sospetto che si trasformò in certezza quando, in piena giostra, lo vidi correre a galoppo sfrenato con la spada sguainata e puntata in avanti come a centrare l’anello, ma nella direzione opposta. Quando mi sfrecciò accanto, fendendo la folla che fuggiva in preda al panico, solo io udii, perché avevo l’orecchio esercitato: “Savoia o morte!”
Feci appena in tempo a correre a casa e liberare Giacomino che rischiava di morire soffocato nell’armadio dove papà l’aveva chiuso a chiave.
Pietro Serra
(Capitano medico, ambasciatore di Aristan)
COGLI L’ATTIMO
da un cinegiornale del 1963